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Ne Obliviscaris

Ne Obliviscaris, il progressive metal che non ti aspetti

La band australiana manda in visibilio lo Slaughter Club,  proponendo un set con ben due concept album

Uno spettacolo unico nel suo genere, per una delle formazioni più complesse ed intriganti in circolazione

Paderno Dugnano (MI), 26 ottobre 2024 | Ph. © Giulia Di Nunno

È con un grande sospiro di sollievo che abbiamo salutato lo scorso anno la pubblicazione di “Exul”, il quarto, attesissimo album dei Ne Obliviscaris, con cui veniva finalmente interrotto il lungo silenzio discografico che perdurava, anche causa pandemia, dal lontano 2017 quando uscì il precedente “Urn”. Un sospiro di sollievo perché in quei sei anni la band australiana ha seriamente rischiato di dissolversi, vanificando quanto di buono aveva mostrato fino ad allora, soprattutto grazie a due album fenomenali come “Portal Of I” e “Citadel”.  Non diremo che il vuoto lasciato sarebbe stato incolmabile per non essere troppo melodrammatici, ma sappiamo bene quanto la scena del metal progressivo abbia necessità di formazioni coraggiose ed originali come questo quintetto australiano per sfuggire dalla stagnazione in cui spesso si trova ad impantanarsi.

Questa sera i Ne Obliviscaris tornano finalmente ad esibirsi a Milano, poco meno di sei anni dopo il concerto che tennero nel novembre del 2018 in Santeria, quando aprirono per Ihshan. Il pubblico milanese ha risposto alla grande riempiendo fin quasi al sold-out lo Slaughter Club, attratto anche dall’alettante prospettiva di poter ascoltare dal vivo sia “Citadel” che “Exul”, che – come promesso dagli annunci promozionali – verranno oggi proposti per intero, uno dietro l’altro, tanto che l’organizzazione ha dovuto risistemare gli orari per fare in modo che tutte e tre le band previste in cartellone possano eseguire i rispettivi set con i giusti tempi.

La serata prende il via alle 19:00 quando sul palco salgono i Freedom Of Fear, promettente quartetto australiano proveniente da Adelaide, con alle spalle un EP e due album infarciti di death-metal melodico molto ben strutturato ed altrettanto ben eseguito. Con un set basato interamente sull’ultimo disco “Carpathia”, la band ci ha intrattenuto per una mezz’oretta con la voce oltretombale della front-woman Jade Monserrat, che scopriremo avere un volto solo a fine esibizione quando l’abbiamo incontrata al banchetto del merchandise, e l’eccellente dualismo chitarristico a cura di Matt Walters e Corey Davis.

Apprendiamo che il quarto membro ufficiale, la bassista Georgina Kittel, non è in tour con loro, essendo rimasta in Australia per stare accanto alla figlia neonata. In ogni caso, pur in formazione rimaneggiata e per quanto breve, la loro performance è stata decisamente apprezzata dal pubblico che sul pezzo finale manifesta il proprio gradimento raccogliendo l’invito di Jade Monserrat ad aprire un circle-pit.

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Smaltito il death melodico dei Freedom Of Fear, tocca ai Walkways intrattenere l’audience in attesa dei protagonisti della serata. Provenienti da Tel Aviv e discograficamente accasatisi presso la Nuclear Blast, questo quartetto israeliano attivo dal 2006 propone un alternative metal dal taglio piuttosto personale, anche se non è raro distinguere nel loro sound riferimenti a band decisamente più note come System Of A Down e Deftones, così come non manca una buona spruzzata di metal-core, utile per far saltare chi popola le prime file.

Indubbiamente validi, li abbiamo trovati solo un po’ fuori luogo in un cartellone dominato da sonorità decisamente differenti. Al netto di ciò, comunque, vale la pena rimarcare la notevole prova vocale del front-man Ran Yerushalmi, che abbina un’ottima tenuta del palco ad un approccio vocale variegato, passando da tonalità emo fin quasi ad arrivare al growling. In scaletta anche un paio di nuovi brani, che anticipano il nuovo album, in uscita a breve. Da riascoltare, magari in un contesto più appropriato.

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L’ingresso in scena dei Ne Obliviscaris è salutato dall’entusiasmo di un’audience devota ed assolutamente impaziente di vedere finalmente all’opera questa affascinante realtà musicale, capace di amalgamare avant-garde, death-metal, passaggi jazzati e rock progressivo in un ibrido dominato dal dualismo tra il cantato in growling di Xenoyr e quello pulito di Tim Charles, il cui violino è insieme trait d’union ed elemento catalizzante di quell’alchimia che si è evoluta in un sound unico nel suo genere – oscuro, ammaliante e dannatamente coinvolgente.

Xenoir però stasera non apparirà sul palco. Le sue condizioni di salute non gli consentono di imbarcarsi in lunghi ed estenuanti tour fuori dalla madre patria, e – come è noto – dallo scorso anno per gli spettacoli live la voce growl viene affidata all’americano James Dorton (Black Crown Initiate, The Faceless), a cui manca un bel po’ del carisma di Xen, ma che dal punto di vista vocale di dimostra assolutamente all’altezza della situazione. Con un po’ di sano campanilismo, le maggiori ovazioni il pubblico presente le tributa al nostro Martino Garattoni, bassista deluxe che nel corso della serata dimostrerà ampiamente quanto quelle ovazioni siano meritate.

Lo spettacolo parte con l’intro di piano che precede ‘Painters Of The Tempest’, la trilogia che ci accompagna dentro al concept di “Citadel” che, come preannunciato, verrà proposto per intero. Nella seconda parte del concerto la stessa sorte verrà riservata al loro ultimo album, “Exul”. Tim Charles è assoluto dominatore della scena, in piedi sul monitor svetta rispetto agli altri e dal suo violino si diramano quei suoni che avvolgono il caos controllato sviluppato dai suoi compagni, per creare quelle atmosfere talmente peculiari che rendono unico ed assolutamente riconoscibile il sound dei Ne Obliviscaris: poche note, e comprendi subito che si tratta di loro.

L’altalena di emozioni e suoni generati della band ci accompagna lungo tutto lo svolgimento dei due concept per quasi due ore di musica in cui diventa difficile quale parte ci abbia maggiormente colpito. “Exul” è un disco eccellente, ma “Citadel” è di una bellezza quasi straniante; quindi, per chi scrive la scelta risulta relativamente facile, specie quando ti capita di assistere con la mascella per terra a quel finale assassino con le due parti di cui si compone ‘Devo Me, Colossus’.

Con questo non vogliamo sminuire “Ex”, anche lui in grado di riservarci un rollercoaster di suoni ed emozioni senza pari, principalmente a carico dei 20 minuti complessivi che occupano ‘Suspyre’ e ‘Graal’. Ed è quasi con un sospiro di sollievo che arriviamo ad ‘Anhedonia’, sorta di outro che chiude idealmente il cerchio dello show, così come i tre minuti iniziali di ‘Painters’ lo avevano iniziato a tracciare: son passati quasi due ore, e pur avendo amato ogni singolo minuto del concerto, la sensazione è quella di una enorme abbuffata di musica.

Tanta roba, per usare un motto che va per la maggiore. Forse addirittura troppa, per un’unica serata. Si rischia l’indigestione. E non è neppure finita qui, perché non sia mai che si chiuda un concerto senza encore, e quando l’encore è rappresentato da un pezzo-mostro da 12 minuti come ‘And Plague Flowers The Kaleidoscope’ (dal primo, grande album “Portal Of I”) finisce che poi devi tornare a casa e mettere sul piatto la cosa più ignorante che trovi nella tua collezione di dischi, non fosse altro che per controbilanciare l’overdose di note a cui i Ne Obliviscaris ti hanno sottoposto. Solo per comprendere che a quell’overdose vorresti sottoporti un’altra volta. E un’altra ancora…

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