Dissonance Festival 2023, una giornata apocalittica
La nona edizione del Dissonance Festival lascia Padova e approda al Circolo Magnolia di Segrate, nell’area dell’idroscalo di Milano.
Dopo l’edizione dell’anno scorso, purtroppo flagellata dal maltempo, stavolta si è voluto amplificare quel che di ottimo era già stato fatto e va detto che le (alte) aspettative sono state ampiamente soddisfatte.
L’intera giornata di festival sarà caratterizzata da un andirivieni senza sosta tra i due palchi: un fiume umano che si sposterà su e giù, da un sotto palco ad un altro, in modo molto fluido, per non perdere nemmeno un decibel della serata.
Verso le 15.30 si comincia e spetta agli Shading l’onore ed onere di inaugurare il Dissonance Festival 2023.
Il loro sound è un metalcore caratterizzato da growl e tecnicismi ed i brani proposti iniziano a far scaldare le polveri al pubblico che, a discapito dell’orario, è presente in buon numero.
Inizia cosi il ping-pong tra i due palchi che non darà respiro al pubblico a causa degli incastri serrati ma che, perfettamente gestiti, riusciranno a far godere una sequenza spaventosa di djent, poliritmi, growl e cantato pulito, figli di quei Meshuggah che da 36 anni sono i detentori dello scettro del potere essendo non solo padri del genere ma, soprattutto, ispiratori di molte delle band presenti oggi.
Tocca invece ai bolognesi Prospective aprire il main-stage e, caricati a pallettoni, fanno vedere a tutti che il recente cambio di line-up ha giovato nelle intenzioni del gruppo.
Dopo di loro è il turno del grind degli Slug Core e delle loro feroci canzoni, che compongono l’Ep di debutto autoprodotto “Extraterrestrial Gastropod Mollusc”.
I Benthos con la loro fusione prog metal core riportano le teste sotto il palco principale e la band meneghina si fa molto ben apprezzare per la propria amalgama tra violenza e melodia.
Non solo fanno sfoggio di virtuosismi ma il tutto aggiunge realmente spessore alla loro qualità esecutiva.
I Damned Spring Fragrantia celebrano sul palco il decennale del loro debutto e lo fanno seminando bombe a mano musicali come se fossero coriandoli a carnevale.
Incessanti e furenti, Modena è un suolo degno e loro la rappresentano bene.
I Ten56 tornano a a calcare il suolo italiano a qualche settimana dal concerto svoltosi al Legend Club.
Il loro live dimostra come la band francese sappia proporre un deathcore impressionante sia per potenza, intensità e coinvolgimento.
Vendicano la sorte che nell’edizione dell’anno scorso il ha fatti saltare a causa del maltempo, e la prendono a sonore mazzate per far capire al pubblico che loro non amano scherzare.
Una performance devastante che tra wall of death e deathcore fa scalpitare le teste di tutti e si candida ad essere tra le migliori della giornata.
Si fa in tempo appena a riprendersi che tocca ai campani Fulci.
Finalmente con una batteria fatta di carne e ossa e non una drum machine, i Fulci nei loro quaranta minuti a disposizione sfogano tutto il loro death potente e graffiante con un solo scopo: annientare il pubblico.
Il loro vate, Lucio Fulci, segnò la strada nel cinema horror e loro la percorrono nella maniera più brutale possibile creando atmosfere ove un sound robustissimo abbinato a un growl profondo come il nero della notte horror fanno si che l’acufene diventi il tuo più fedele amico.
Si chiude con loro il programma del palco B che anche se ha di fatto stabilito quanto sia bello il contatto così diretto e violento con il pubblico, sicuramente è stato stretto (e di molto) ai campani.
Si ritorna in pianta stabile suolo sul palco A dove sono già pronti i Destrage.
Sono oramai le ore venti quando il combo milanese inizia il suo set e purtroppo a livello sonoro ci sono state delle grosse perplessità.
Non tanto per l’uso di una base per il basso, in sostituzione del dimissionario Pignata (e alla volontà almeno per le date italiane di non avvalersi di un sostituto) quanto proprio per un problema nell’equalizzazione dei suoni.
La band è arrivata all’orecchio poco amalgamata e l’assenza fisica del bassista si è fatta sentire molto più di quanto si potesse immaginare.
Parlando invece della performance non c’è stato niente da dire: anche se sotto di un elemento, la band ha ampiamente ripagato l’affetto del pubblico con una prestazione maiuscola di quasi tre quarti d’ora di ininterrotto sfoggio di ricchissimo talento applicato.
I Destrage, arrivati alla esperienza del sesto album, sono una macchina da guerra: saltano sul palco e tra le trame dei diversi generi che la band padroneggia tessendo un variopinto e complicato intreccio sonoro.
In una parola, potenti.
Purtroppo a causa di un ritardo nell’arrivo con l’aereo, i Soen non hanno potuto fare alcun soundcheck ma sono saliti direttamente sul palco.
Pronti?
Via, all’attacco.
I primi pezzi (‘Monarch’ e ‘Martyrs’) sono serviti ad aggiustare i volumi e i toni di tutti i componenti ma il mood con il quale il pubblico ha abbracciato l’esibizione degli svedesi è stato molto sereno.
Una volta sistemato il sound, i Soen hanno comunque dimostrato innegabilmente la loro professionalità e ricerca della perfezione estetica e stilistica attraverso i loro brani.
Dopo 45 minuti di set, con la conclusiva ‘Lotus’, il palco viene liberato e allestito per i grandissimi padri di questo genere che hanno caratterizzato l’edizione 2023 del Dissonance.
Le tenebre si adagiano e l’oscurità accoglie i Meshuggah per scatenare la loro violenza.
I padri del metal moderno fanno dei quasi quattro decenni di carriera l’esperienza necessaria per segnare il confine dove gli altri ancora non sono arrivati mentre loro stanno già andando oltre.
Immutabili, come la venerazione del pubblico che ha riempito la platea e come la loro posizione al vertice delle band che fanno della violenza sonora e della precisione esecutiva il proprio vessillo.
Alle 22 le luci si spengono e davanti alla scenografia impressionante di 5 teste monolitiche compaiono i 5 svedesi che, letteralmente, riversano ‘Broken Cog’ addosso alle persone.
Lo show dei Meshuggah è pura potenza.
Nessun fronzolo ammiccante o discorsi o qualsivoglia distrazione se non solo la granitica violenza.
Il set della serata pesca a piene mani dalla loro sconfinata produzione discografica: ‘Razional Gaze’, ‘Ligature Marks’ e ‘Born in Dissonance’ sono come magli scagliati in faccia con sadica precisione.
In tutto, il set dei Meshuggah comprende una decina di pezzi sparati uno dietro l’altro per un’ora appena abbondante che è arrivata alla fine troppo velocemente.
Nonostante la lunghezza della giornata e la qualità molto alta di tutti i partecipanti si vorrebbe restare ancora sotto palco: è stato tutto memorabile.
Una menzione particolare va fatta alla cordata di organizzatori (Versus Music Project, Triple Plasma Concerti, Bagana Booking)per aver messo in scena un grandissimo evento incorniciato dalla bella venue del Circolo Magnolia: hanno saputo dimostrare che oltre ai grandi nomi a livello mondiale, anche la scena metal italiana è viva, forte e sicura delle proprie qualità.
Il Dissonance Festival è stato a conti fatti un enorme successo: un festival che ha dimostrato come si possa regalare un’ottima giornata di musica live senza dover massacrare il portafoglio del pubblico.