Brass Against, one more song
Il collettivo Brass Against fa tappa per l’unica data italiana del tour europeo in Santeria Toscana 31 a Milano e alle 21 spaccate fa saltare il locale, sganciando in prima battuta i Sistem of a Down con la loro ‘Toxicity‘.
Il pubblico accorso, numeroso ed eterogeneo, è immediatamente rapito dal sound della band: particolare e riconoscibile, certo, ma altamente performante nei live.
La potenza ritmica del poker di ottoni e legni in sostituzione del basso, unito ad una batteria indiavolata e alla presenza scenica del cantante Michael Cunio, fanno sì che l’ensemble di musicisti riesca a travolgere con la propria energia i presenti.
Non da meno, aiuta molto anche la scelta della scaletta.
Il pubblico risponde attivamente con cori, ballando e cantando all’unisono quasi la totalità delle canzoni presentate.
Cunio si presenta sul palco truccato con un eyeliner pesante e vestito con una tuta da meccanico nera brandizzata, manco a dirlo, Brass Against.
A metà set si prende una pausa e descrive lo scopo del collettivo, ponendo l’accento sulla parte seconda parte del nome – against.
Idioma sociale dei Rage Against the Machine, pone il vessillo dell’unità come scudo per affrontare le ingiustizie, nonché veicolo di resistenza politica e morale.
Una tematica che, sebbene affievolita negli anni, negli animi delle persone è sempre tristemente attuale.
Il concetto di collettivo è rappresentato anche dalla successione e sostituzione dei vari elementi della band: i membri cambiano in modo naturale, senza snaturare l’idea o la performance.
Ad esempio, al live di Milano sono mancati la cantante storica Sophia Urista e uno dei membri fondatori alla chitarra solista, rimarcando così il concetto che con i Brass Against è più il progetto musicale che l’individualità a farla da padrone.
Il concerto non ha avuto né cali di attenzione né di intensità ed è stato supportato anche da alcune prestazioni individuali di altissima potenza e coinvolgimento.
Ovviamente la opener ‘Toxicity‘ e le più conosciute ‘Killing in the name of‘ e ‘Cochise‘ hanno avuto gioco facile.
Tuttavia anche i pezzi dei Tool (‘Stinkfist‘, ‘Forty Six & 2‘ e ‘The Pot‘) hanno permesso di spaziare proponendo un vasto panorama di cultura musicale.
Un’ora e mezza praticamente volata senza accorgersi, al punto che per l’encore finale il pubblico ha chiesto a pieni polmoni «one more song!».
Siamo così stati accontentati da un medley di ‘Back in Black‘ e ‘Immigrant Song‘, con i fiati che hanno alternato il pulsare forsennato delle ritmiche al richiamo vocale del golden boy Plant.
La forza dei Brass Against è ovviamente il repertorio, di cui non se ne avrebbe mai abbastanza: vasto e suonato in modo impeccabile.