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Alborosie

Alborosie, il reggae sotto il cielo di Padova

Si chiama Alberto D’Ascola, è originario di Messina e tutti noi lo conosciamo con il nome di Alborosie, musicista reggae italiano ormai naturalizzato giamaicano ed l’ex leader e fondatore della band Reggae National Tickets.
Come riesca a muoversi sotto il peso dei suoi capelli resta ancora oggi un mistero, eppure lo fa e, vi dirò, anche con un certo fascino.

A pochi giorni dalla pubblicazione di “Unbreakable”, il suo ultimo lavoro in studio realizzato nientemeno che con i Wailers – storica band che ha accompagnato Bob Marley durante la sua carriera – Alborosie è già sul palco con un nuovo tour che martedì 3 luglio prevede una tappa allo Sherwood Festival di Padova.

L’inizio della serata non è dei migliori: un forte acquazzone ha un po’ scoraggiato il pubblico, ma poi il cielo è tornato chiaro, e così anche i volti dei presenti.

Dopo un dj set a cura di Bomchilom & Mr. Robinson, sul palco prende posizione la Shengen Clan Band, direttamente da Kingston e al fianco di Alborosie per tutta la durata del tour.

Alborosie - Padova

Il pubblico si scalda e il concerto inizia con una lunga introduzione.
Circa a metà del secondo brano entra inscena anche lui, Alborosie: capelli sciolti e gran sorriso si introduce nel fluire della musica e allora il concerto, inizia per davvero.
Non lo nego, resto un po’ interdetta… ma che vocione ha questo Alborosie?
Non è la tipica voce nera del Reggae, non è la voce pulita e acuta che si forza per adattarsi al genere.
La sua è una voce bassa, profonda ma anche piena, e devo dire, nel live addirittura migliore rispetto al disco.

Alborosie accenna qualche movimento sul palco, ma senza scatenarsi troppo al contrario della sua band e in particolare delle due voci, che si scatenano, ballano, saltano e coinvolgono il pubblico in balli e cori divertenti al richiamo di Jamaican Ska.

Il frontman entra ed esce dallo stage, durante il live non smette di guardare il cielo per poi riportare lo sguardo al pubblico e accennare qualche introduzione ai brani.
Lo show ne include molti di “Unbreakable” alternati a quelli ormai noti degli album precedenti.
Un’ora e mezza o poco meno di live, il tempo scorre veloce, tutti si divertono e nessuno guarda l’orologio.

Come sempre lo Sherwood Festival non delude in quanto ad atmosfera: l’aria aperta, le luci bilanciate, l’audio calibrato ed il suono pulito.
Se poi ci aggiungi l’allegria tipica del reggae, qualche personaggio insolito che spicca tra il pubblico e inscena siparietti divertenti, allora il cocktail è perfetto!


 

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