“Stranger Things” ed il fascino indiscusso della musica degli anni Ottanta
In un mondo musicale contemporaneo invaso da un indie ormai alla deriva, quanto rischiano di essere nostalgici quelli che celebrano con entusiasmo la colonna sonora di “Stranger Things”?
La serie televisiva prodotta da Netflix, giunta alla seconda stagione e ideata dai fratelli Duffer, può piacere come no (tranquilli, no spoiler).
Eppure, per quanto sia ambientata negli anni Ottanta – e sia quindi scontato l’uso di brani legati a quel periodo – è indubbio che parte del suo successo sia dovuto anche alla riscoperta di grandi hit, non tutte propriamente da classifica.
E che potrebbero (o dovrebbero) essere un gancio abbastanza forte da incuriosire “i giovani d’oggi”.
Quelli figli degli anni Zero, convinti che il punk risponda alla musica dei Green Day ma che non hanno mai ascoltato con attenzione i Clash o i DEVO.
In mezzo a giacche con spalline rigide, capelli in piega con lacca brillantinata, Reebok Pump e jeans a vita alta, fanno capolino i suoni più danzerecci dei Duran Duran (‘Girls On Film’), la dark wave degli Echo & The Bunnymen (‘Nocturnal Me’) e l’elettro pop della biondissima Olivia Newton John (‘Twist Of Fate’).
Se è vero che tutto ormai è già stato fatto e non c’è più nulla da inventare, il consiglio è di tuffarsi all’indietro di trent’anni: ne vale davvero la pena.
La risposta ai suoni omologati e stereotipati di Calcutta, Canova e Thegiornalisti sta proprio lì, sotto un po’ di polvere (neanche tanta, a dire il vero).
Lì dove si nasconde un mondo intero che tanto è stato criticato, ma che tanto, in effetti, ci ha lasciato in eredità.
I suoni che hanno caratterizzato il decennio degli anni Ottanta hanno rivoluzionato il mercato.
Gli anni Ottanta, a dirla tutta, musicalmente nascono nel 1977 con l’esplosione del punk.
Che, a sua volta, ha dato vita alle ricerche sonore che hanno portato alla nascita della new-wave e del post punk.
Gli anni Ottanta sono quelli del cambiamento, dell’esagerazione, dell’ecletticità.
Nella moda imperversano i colori flou e le fantasie geometriche.
Nella musica c’è un nuovo corso, che fa un po’ a cazzotti con l’età d’oro precedente e che dà vita ad una svolta totale.
Meno raffinata, meno cantautorale.
In poche parole, diversa.
Non per questo da disprezzare.
Sono gli anni in cui il rock, fatto di testi impegnati e virtuosismi, va incontro ad altri generi creando legami e fusioni meno ruvide.
Sono anche gli anni delle spirali depressive, con il trionfo dei synth e delle tastiere che non sempre creano melodie propriamente leggere.
Ad ‘Africa’ dei Toto si affianca quindi la cupezza di Fad Gadget e della sua new wave.
O ancora, vogliamo parlare della grinta degli Scorpions con la loro ‘Rock You Like A Hurricane’?
È un bellissimo esempio, sicuramente più commerciale, di un rock che comunque oggi nessuno è in grado di replicare.
E cosa aggiungere quando si arriva a ‘Heroes’, uno dei brani simbolo dell’inimitabile David Bowie, interpretata da Peter Gabriel con gli arrangiamenti orchestrali di Brian Eno?
Eleganza, raffinatezza, purezza: un brano che racchiude un mondo di emozioni contrastanti e risulta, nell’insieme, semplicemente commovente.
E poi, come ignorare ‘Elegia’ dei New Order?
Eppure, se si parla con i giovani, proprio dei New Order e dei Joy Division poco sanno.
Non vanno oltre ‘Love Will tear Us Apart‘ e le magliette con la grafica di “Unknown Pleasure” (senza tra l’altro sapere che quella è la grafica di “Unknown Pleasure”).
“Stranger Things”, forse involontariamente, è un tributo a tutto ciò che nel bene e nel male siamo stati.
C’è un po’ di amarezza nel rendersi conto di quanto peso abbia oggi la tecnologia nei rapporti umani e quanto questi siano cambiati nell’approccio del quotidiano. C’è anche la consapevolezza che “quei bei vecchi tempi andati”, con la loro spontaneità, sicuramente non torneranno più.
Sta di fatto che anche musicalmente sono stati anni genuini, dotati di grande fermento artistico.
Un fermento che sarebbe bello rivivere oggi al posto di questa apatia generale.
Chi non ha mai ballato con ‘Rio‘ a tutto volume non può capire di cosa sto parlando.