PEOPLE #8: Nàresh Ran Ruotolo
Nàresh Ran Ruotolo è la figura che si cela dietro la label Dio Drone, progetto che si occupa di promozione artistica fondando le proprie radici in un tessuto sonoro di ricerca e sperimentazione.
The dark side of music, potremmo quasi sostenere, poiché questa etichetta fiorentina è punto di riferimento per tutti gli amanti di sonorità ambient, drone e brutal.
Oltre alla produzione di artisti conosciuti nel panorama italiano (basti pensare al progetto degli OvO) sono molti nomi legati a Dio Drone: da Vespertina a Bad Girl, passando per Marlon Brando e Petrolio, figurano anche gli Hate&Merda ed il progetto solista dello stesso Nàresh, che da poco ha esordito con il suo “Martyris Bukkake”.
Tante le attività che ruotano attorno a questa label, tra le più importanti il “Dio Drone Festival” che proprio il 2 dicembre prossimo raggiunge la sua ottava edizione con ospiti gli Zu con il progetto “Terminalia Amazonica”, il duo Liles/Maniac che proporrà une sperimento sonoro ispirato alla mostra “Darkening Ligne Claire” di Christophe Szpajdel e i post-metal italiani Wows.
Che cosa significa, oggi essere un’etichetta discografica?
Quali differenze riscontri, essenzialmente, tra quel che era il lavoro fino a 20 anni fa e quanto influisce, oggi, il mondo di internet in questo settore?
Premettendo che 20 anni fa non producevo alcunché, e probabilmente non ero ancora del tutto consapevole di tutte le dinamiche che intercorrono tra lo scrivere un pezzo in sala prove e vedere un album stampato girare sul giradischi, posso solo parlare della mia piccola esperienza personale.
Oggi la musica ha indubbiamente uno spessore globale, diverso rispetto a quando ero adolescente.
I mezzi per farla si sono semplificati e paradossalmente, per certi versi, il mondo musicale si è appiattito, ma un certo spirito diy per fortuna è rimasto.
Internet è, come tante altre cose, un’arma a doppio taglio ma trovo che sia assolutamente il mezzo principale per il do it yourself del terzo millennio.
In più, avendo reso più semplice e rapida la comunicazione, ha per forza di cose semplificato anche le collaborazioni.
Essere un’etichetta oggi significa provare un grande amore per qualcosa che ti ricambia solo in parte, e solo a volte.
Cosa pensi dovrebbe essere differente per agevolare il lavoro delle etichette discografiche indipendente?
I progetti che vengono da Dio Drone sono frutto di tue scoperte o sono i musicisti che si propongono?
Da sempre, quando si parla di musica, ho dato un’estrema importanza al lato umano.
Dedico a questo ambito della mia vita la maggior parte del mio tempo, delle mie energie e delle mie risorse e non potrei collaborare con persone con cui non mi sento a mio agio.
Negli ultimi anni ho girato molto sia con i miei progetti che con bands di amici tra concerti, festivals e situazioni sonore di ogni tipo, ed è così che ho scoperto, conosciuto e approfondito amicizie con musicisti che stimavo e con cui poi ho avuto modo di fare progetti.
Parlando in generale, nella scena musicale non guasterebbero meno gelosie e competizione.
Non le capisco e non le condivido, anche se mi rendo conto che la frustrazione spesso corrode un po’ tutto.
Parlando della tua storia, quando e come nasce Dio Drone?
Esigenza personale o intuito nel voler promuovere un genere musicale che in Italia spesso viene considerato ”di nicchia”?
Dio Drone nasce a inizio 2013 (ironicamente nel mio 33esimo anno di età) dall’esigenza di creare nella mia città una scena di concerti per progetti locali che ritenevo interessanti ma che per le loro scelte ‘estreme’ non trovavano spazi in cui esibirsi.
Sono cresciuto in una Firenze attiva e piena di cose che negli anni ha però perso molto dello spirito che ho respirato negli anni ’90.
Ho pensato che poteva essere un’idea mettere insieme alcuni dei musicisti che stimavo in una sorta di collettivo per supportarci a vicenda e creare un terreno fertile per esperimenti e nuove collaborazioni. Da questo sodalizio sono nati diversi progetti che tuttora sono stabili realtà.
Per battezzare questa gang pubblicai una compilation, prima digitale e poi stampata in tiratura limitatissima su cassetta – proprio in onore di quei mix fatti in casa che hanno musicalmente cresciuto la mia generazione da adolescenti – curandone stampa, grafica e packaging, e mi sono divertito al punto di voler continuare.
Di lì a poco Dio Drone è diventato di fatto una piccola etichetta e ha iniziato ad avere pian piano un suo rispettabile catalogo.
Ad oggi sono più di 50 le uscite, alcune delle quali coinvolgono anche nomi importanti del panorama sperimentale e ‘heavy’ internazionale.
Un risultato, nel mio piccolo, davvero non immaginabile la sera in cui scherzando seduti ad un tavolo del (fu) Rullante Club di Firenze abbiamo buttato l’idea di iniziare questa cosa.
In definitiva, questa label non ha un genere preferito.
Mi piace tutto ciò che è intenso e che in qualche modo osa.
Quali sono a tuo avviso i progetti più interessanti prodotti negli anni?
Sono assolutamente convinto che in Italia ci sia un fermento sonoro molto interessante.
Per quanto riguarda il percorso di Dio Drone sono legato a ogni pubblicazione realizzata, ma soprattutto a quelle cui ho avuto modo di collaborare anche a grafiche e produzione generale.
L’idea di rendere la mia label una gang capace su tutti i fronti mi ha portato a coinvolgere sempre più spesso persone di fiducia esperte nel loro campo.
Coito Negato, aka Stefano Matteoli, illustratore toscano dal talento particolarissimo.
Niccolò Gallio, che ha registrato molti dei dischi che poi ho prodotto.
Alessandro Maffei, che cura i mastering e mi aiuta nei festival, Leonardo Granchi e Nicola Savelli senza i quali Dio Drone non sarebbe diventato ciò che è.
Tornando alle uscite, se proprio sono costretto a nominarne alcune, cito “Creatura” degli OvO, che ha rappresentato un po’ il coronamento onirico di produrre l’album di un gruppo che seguivo da tempo e di cui ero un estremo fan, e che tra parentesi è anche un disco incredibile.
Ma cito anche Bad Girl, progetto che ho visto nascere ed evolversi in modo interessante e bellissimo.
Spesso per la realizzazione di un disco si formano delle ”cordate”, ovvero si uniscono insieme le forze di diverse etichette.
Come si svolge il lavoro quando ci si confronta con più realtà?
Lo spirito di una cordata è quello più puro, mettere appunto insieme le forze per far sì che un disco veda la luce.
La parte burocratica non è affatto complessa, e salvo rarissimi casi non mi sono mai trovato a dover discutere per risolvere questioni.
Apprezzo molto la collaborazione tra labels proprio perché seppur ognuno abbia le proprie metodologie di diffusione e il proprio linguaggio il fine è comune, e l’uscita di un album riceve uno spettro di colori più ampio e variegato, non legato ad un unico settore.
Per chi fosse curioso e avesse voglia di immergersi nel mondo Dio Drone, è il caso di non mancare l’appuntamento con l’ottava edizione del festival che avrà luogo presso il Cinema Castello di Firenze.