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ESSENTIALS 11: Klåus, Winter Dust, Gli Occhiali di Filini

Essentials, la rubrica per andare alla scoperta di artisti e dischi partendo da una sola parola

Un aggettivo solo, informazione necessaria per scoprire la chiave di lettura delle band proposte.

Essentials 11

  1. Interessante
  2. Inaspettato
  3. Anacronistico

Parola Chiave: INTERESSANTE
Klåus – What you missed
Etichetta: Autoproduzione

“What you missed” è un disco che ci arriva tardi poiché è stato concepito ed ha visto la luce nel 2020, proprio durante la pandemia.
Klåus, polisteumentista autodidatta sin dall’infanzia, ci apre il suo mondo in bilico tra un’elettronica classica, quasi degli albori, ed una strizzata d’occhio al futuro prossimo.
Siamo all’ascolto di otto tracce, alcune delle quali rievocano inequivocabilmente alla memoria i Kraftwerk.
È la genesi della musica elettronica, un salto all’indietro nel tempo alla scoperta delle radici di genere – l’esempio più indicato è il brano ‘MelloHello‘.
Interessante e notevole anche ‘Quarantine‘ il cui sound si discosta dal resto del disco: qui le sfumature sono decisamente chillout, ambient e trance.
La pacatezza e la serenità che riescono ad infondere questo brano contrastano con l’idea più generale di quarantena, in senso letterale. 
Quello che abbiamo vissuto nel 2020 è stato un evento poco piacevole che ha causato paura, stress ed incertezze: questo brano, al contrario, non racconta il buio di quel periodo ma risolleva l’animo donando una serenità insperata.
È un album variegato, What you missed”: a dispetto del nome, cercate di non perdervelo e dategli un ascolto.


Parola Chiave: INASPETTATO
Winter Dust – Unisono
Etichetta: Voice of The Unheard (Francia), Time As A Color (Germania), Dingleberry Records (Germania) e Shove Records (Italia)

Qualcosa che non ti aspetti, questo è poco ma sicuro.
Partiamo da loro, parliamo un attimo dei Winter Dust.
La band è originaria di Padova, si è formata nel 2008 e sin dagli esordi si è dedicata a sonorità post rock facendo un lavoro davvero egregio.
Una lunga carriera porta la band ad evolversi, sino al bivio raggiunto oggi: sì, perché “Unisono” è il quarto disco del gruppo veneto ma il primo album cantato in italiano.
E questa, forse, è la sola cosa che stride all’ascolto del disco.
“Unisono” si compone di sette tracce per una durata di poco superiore alla mezzora. 
Conquista per le sonorità, a tratti con echi ambient spezzati da una batteria incalzante.
Di sicuro, rotti da un cantato hardcore a tinte emo il che, decisamente, spiazza.
Oltre a spiazzare, però, il tutto potrebbe funzionare se fosse in inglese: in italiano è come se i brani stessi perdessero spinta, o meglio, è come se basi e cantato viaggiassero su due binari paralleli destinati a non incontrarsi mai.
È sicuramente una preferenza personale ma tanto basta per porre la fatidica domanda: come suonerebbe, il tutto, se i testi fossero in un’altra lingua?
La verità è che, molto probabilmente, è solo una questione di abitudine.


Parola Chiave: ANACRONISTICO
Gli Occhiali di Filini – Serena ed altre storie
Etichetta: Autoproduzione

Esiste una cosa chiamata aspettativa ed è proprio grazie a questa che quando si sono palesati Gli Occhiali di Filini l’immaginazione ha iniziato a correre.
Chissà perché, l’idea era quella di un progetto indie pop con testi tra il serio ed il faceto.
Un qualcosa del tipo ‘Colazione da Gattullo‘ de I miei migliori complimenti.
Invece, la band salernitana non potrebbe essere più lontana da tutto questo.
Gli Occhiali di Filini ci presentano all’ascolto il loro “Serena ed altre storie”, lavoro che racchiude sette brani.
Alla delusione di non essere difronte a nulla di quanto immaginato, man mano che ci si inoltra nell’ascolto del disco si arriva a comprendere che, forse, quel nome non è poi così sbagliato.
Le sonorità predilette sono un misto di progressive, rock e pop che mettono sicuramente in luce le capacità tecniche del gruppo.
Vista in quest’ottica, pensando proprio alle sfumature prog, il nome Gli Occhiali di Filini potrebbe benissimo essere la versione 2.0 di band italiane quali i conterranei Il Balletto di Bronzo.
Tuttavia, proprio perché siamo nel 2023, l’insieme all’orecchio risulta poco moderno e poco allettante: Serena con le sue storie risulta essere un prodotto per pochi e vecchi nostalgici.

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