Ticket to ride: una riflessione sul bagarinaggio, i concerti indie e i live negli stadi
L’annuncio del concerto degli U2 a Roma e la conseguente vendita online dei biglietti (polverizzati magicamente in meno di un’ora) ha riportato in auge la polemica sul secondary ticketing.
Tutti avevano “scoperto questo fenomeno” in occasione della messa in vendita dei biglietti per le date italiane dei Coldplay: acquistare un ticket per i loro concerti si era rivelato più complicato del trovare un senso ai post di Tommaso Paradiso su Facebook.
Solo in seguito ad un servizio di approfondimento da parte de Le Iene (guarda qui e qui) la procura di Milano ha aperto due inchieste per truffa ai danni dei responsabili di Live Nation e Vivo Concerti, due tra i promoter più importanti di casa nostra.
Non è tardata la reazione poco dopo lo scandalo mediatico da parte di numerosi artisti appartenenti a tali scuderie: uno su tutti, Vasco Rossi che dopo anni di lavoro con Live Nation ha preso le distanze dall’azienda tramite un comunicato stampa pubblico.
Il bagarinaggio, si diceva, è sempre esistito.
Internet ha la colpa di aver reso più grande e messo sotto gli occhi di tutti questo fenomeno parzialmente arginato solo dalla vendita di biglietti nominativi.
I biglietti, una volta spariti dai canali ufficiali, si ritrovano dunque in vendita a prezzi maggiorati di 4 o 5 volte.
Molti gridano allo scandalo, ma come potrebbe insegnarci un qualsiasi studente del primo anno di economia è il mercato che fissa il prezzo.
Insomma, se c’è domanda l’offerta si muoverà di conseguenza. Quindi diventa assolutamente coerente rivendere a 400 euro un biglietto per il prato del concerto degli U2 allo Stadio Olimpico di Roma se c’è qualcuno disposto a comprarlo.
È stato come scoprire l’uovo di Colombo poiché il bagarinaggio sui biglietti è una della pratiche più antiche del mondo, esistente più o meno da quando esiste la musica.
Il punto interessante a mio avviso però è un altro, anche se ci si è arrivati solo quando alcuni concerti “per famiglie” hanno scoperchiato il vaso di Pandora.
Il vero punto drammatico della vicenda è che ancora oggi c’è gente disposta a spendere tale cifra per una band del genere che si esibirà in uno stadio.
Probabilmente a spingere la maggior parte delle persone la motivazione è solo una: poter dire «sono andato a vedere gli U2» – che poi, sfido chiunque a citare almeno tre o quattro canzoni di uno degli ultimi tre album di Bono e soci, che se non avessero venduto il loro disco alla Apple e l’avessimo avuto sull’iPhone, quanti di noi l’avrebbero realmente ascoltato dall’inizio alla fine?
Di contro, il crescente successo della scena di artisti emergenti che da indie diventano mainstream è più spiegabile se confrontato con l’aumento dei prezzi e la difficoltà di assistere ai grandi concerti di cui sopra.
L’esperienza del concerto da stadio è di sicuro irripetibile e certe celebrazioni laiche sono nelle corde dei grandi artisti, ma questi grandi appuntamenti stanno diventano un po’ come i cinepanettoni natalizi: sono grossi trappoloni architettati per attirare gli occasionali della musica, che vanno ad essere la maggioranza degli acquirenti sui quali la speculazione prolifera indisturbata.
Non sono qui ad esprimere giudizi musicali sulle scelte altrui, ma è chiaro che la musica live sta andando altrove.
I maggiori artisti della scena emergente fanno tour con centinaia di date che li tengono in giro per un intero anno ed anche di più: fruire della loro musica è più semplice, perché in ogni regione d’Italia ognuno degli artisti con un disco in promozione fa almeno tre o quattro date nel corso dell’anno, tutte a prezzi inferiori ai 40 euro.
Con la diffusione della musica in streaming e la perdita di valore dei supporti fisici per gli artisti, infatti, specialmente per i più giovani i live sono diventati la principale fonte di introito.
Ne parla ad esempio Iosonouncane, autore di uno dei dischi italiani di maggior rilievo degli ultimi anni (leggi qui l’intervista, ndr.).
Probabilmente questa dinamica sta cominciando ad investire anche i Big ed il secondary ticketing potrebbe esserne una delle (in)naturali conseguenze.
I club ed i piccoli palazzetti stanno diventando piccole trincee dove ascoltare musica non sempre di qualità ma a prezzi modici, senza i problemi derivanti da un evento pensato per grandi numeri, ed anche per questo, oggetto di grandi speculazioni.
Il bagarinaggio è pigro e si attacca agli ascoltatori pigri, tipo quelli che pensano che i Green Day siano una band punk.
E poi la prevendita, il corriere che deve spedirti i biglietti: un insieme per rendere il concerto una grande truffa: la musica ha un valore inestimabile ma più che dai biglietti questo valore è misurato da chi va ad ascoltarla.
Siamo qui a disquisire di secondary ticketing e truffe, e nonostante ciò gli stadi sono comunque pieni di spettatori: l’unico modo di invertire la tendenza è quello di sottrarsi a questo circolo vizioso, scegliendo diversamente i concerti e i festival da seguire, tenendo in considerazione anche la location in cui un concerto si svolgerà e magari considerando pure le date europee dei grandi tour dove i biglietti si trovano più facilmente e spesso a prezzi più contenuti.
Il tempo non è molto se consideriamo che proprio in questi giorni i Muse sono tornati in studio per registrare il nuovo album, il che equivale un po’ ad annunciare il prossimo party di capodanno dei bagarini.