Lucio 80, capitolo primo: Lucio Dalla
Lucio in the sky (with diamonds), una vita immersa nell’arte
Gli 80 anni di Lucio Dalla, piccolo grande fenomeno bolognese
Febbraio 1971, ventunesimo Festival di Sanremo.
Ovvero, quando ancora le canzoni in gara venivano presentate da improbabili accoppiamenti di interpreti, che portarono a sfilare nel Salone Delle Feste del Casinò di Sanremo i New Trolls insieme a Sergio Endrigo, piuttosto che la Formula 3 con Little Tony.
In quell’edizione trovò spazio, seppur solo in veste di autore, anche Paolo Conte con la sua ‘Santo Antonio, Santo Francisco‘, affidata ai Mungo Jerry in coppia con Piero Focaccia.
Tra gli artisti in gara, anche un ventottenne Lucio Dalla alla sua terza partecipazione, dopo che nel 1966 aveva avuto come partner nientemeno che gli Yardbirds di Jeff Beck, e nell’anno seguente i Rokes di Shel Shapiro.
Ad accompagnarlo questa volta tocca all’Equipe 84, insieme ai quali porta a Sanremo un brano scritto a quattro mani con Paola Pallottino.
Controversa sia nel titolo che nel testo, la canzone venne preventivamente filtrata dalla censura che consegnò alla storia non l’originaria ‘Gesubambino‘ ma quella ‘4/3/1943‘ che tutti conosciamo.
Pur non vincendo la competizione, fu impossibile non riconoscere a quel brano eterno un valore intrinseco che andava ben al di là della gara sanremese e che contribuì a delineare l’enorme dimensione artistica del suo autore.
Quella canzone portava nel titolo la sua data di nascita, in quel di Bologna.
Quella Bologna che gli ha dato i natali e con la quale ha sempre intrattenuto un rapporto simbiotico – oggi Lucio avrebbe compiuto 80 anni, se quel maledetto infarto che lo colse nel 2012 a Montreux, pochi giorni prima del suo sessantanovesimo compleanno, non lo avesse strappato alla vita e alla sua arte, per affidarlo all’eternità come uno dei pilastri della nostra cultura.
Sarebbe infatti riduttivo limitare la portata del suo contributo artistico al solo mondo della musica. Bennato cantava «sono solo canzonette», ed è vero, spesso sono solo canzonette.
Ma in quelle canzonette prendevano vita paesaggi, volti e storie che dipingevano della nostra società un ritratto appassionato (‘Piazza Grande‘), a volte crudo ed impietoso (‘Com’è profondo il mare‘), spesso anticipatorio (‘L’anno che verrà‘, ‘Telefonami tra vent’anni‘), sempre poeticamente espressivo ed introspettivo.
Una dimensione artistica che a volte contrastava con i suoi modi astratti e la sua personalissima visione, amara ed ironica allo stesso tempo, della vita.
In fin dei conti, nel grande artista conviveva anche il giullare, quello che chiamava ‘Catarro‘ la sua barca, e sulla targhetta citofono di casa ci faceva scrivere Domenico Sputo.
Caro Lucio, potremmo dire che ci manchi.
Ma ci manchi davvero?
La tua esistenza ‘profonda come il mare’, il capitale artistico che hai donato a questo paese e con cui ne hai permeato la cultura è tale che la tua presenza in questa nostra società è sempre percepibile, viva e palpabile.
Nonostante tu non ci sia più.
Buon compleanno in cielo, Lucio.