Ulrika Spacek – The Album Paranoia
Fin troppe persone sostengono ancora oggi che l’epoca d’oro della musica sia ormai alle spalle, che il massimo sia stato raggiunto quarant’anni fa e che oggi siamo scivolati nel piattume più totale, su un mare in bonaccia in attesa di chissà quale vento.
Gli Urlica Spacek sono qui per smentire queste persone.
Che siate dei nostalgici, degli scoraggiati o semplicemente dei curiosi che vogliono indagare quella che ai tempi era chiamata musica “di nicchia”, non resterete certamente delusi dagli spunti presenti in “The Album Paranoia“. Analizzare gli aspetti tecnici di quest’opera è utile ma a mio avviso non fondamentale.
Gli Ulrika Spacek riportano, intatte, sonorità dello space rock degli anni ’70, senza però ignorare le epoche musicali che si sono avvicendate in mezzo: si sentono le influenze dei Gong e degli Hawkwind miscelate allo stesso tempo con quelle dei Sound Of Animals Fighting.
I tappeti creati ora dal basso, ora da una tastiera piuttosto che da un delay settato al punto giusto o da un ipnotico ostinato la fanno da padrone, una densità che riempie l’orecchio fin quasi al padiglione auricolare ma che ha il pregio di non sconfinare mai oltre.
I richiami agli anni delle dilatazioni musicali e del rock psichedelico ci sono tutti insomma, ma gli Ulrika Spacek non sono degli sprovveduti e hanno saputo ben collocare nel 2016 gli spunti e le ispirazioni attinte dal passato, lo si evince da diversi elementi come ad esempio la durata delle tracce più che digeribile, che rende l’album un compendio di pillole psycho-fuzz consultabile con estrema facilità. I testi danno l’impressione di non voler essere il cuore di questa produzione, ma piuttosto un giusto contrappunto, un barlume di riferimento in un turbinio di note e suoni nel quale si rischia di perdersi inoltre nel cantato si sente l’intenzione di voler far collaborare la voce al coro dei già citati strumenti.
Nella loro fucina londinese, gli Ulrika Spacek sperimentano, volano, ripescano dal passato, innovano e soprattutto provano a riportare in auge concetti musicali con un po’ troppa polvere sopra, facendolo in uno stile unico nel quale ancora si riscontra una dose di umiltà o comunque di fatto in casa (quasi ogni canzone è preceduta dal brusio degli strumenti accesi, in attesa di attaccare a suonare, un po’ come avviene in sala prove quando si suona fra amici).