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Titus Andronicus - The most lamentable tragedy

Titus Andronicus – The most lamentable tragedy


Qualcuno spieghi ai Titus Andronicus il significato della parola “compromesso”.
Anzi, per carità, non fatelo.
Ci siamo ormai assuefatti alla mediazione tra natura e fruibilità, tra ispirazione e ammiccamento, e poi all’improvviso ci troviamo ribaltati dalla nostra sedia, fatti rotolare giù dal nostro divano, ritrovandoci completamente frastornati di fronte a un lavoro complesso, pretenzioso ed elaborato come “The most lamentable tragedy“.

Qualche cifra relativa a questo quarto album dei Titus Andronicus, band del New Jersey attiva da una decina di anni, può rendere meglio il concetto: 93 minuti, 29 tracce raggruppate in 5 atti, dalla durata minima di 0:07 minuti fino a una lunghezza massima di 9:39, a costituire un’opera rock uscita a luglio 2015 per Merge Records.

Il concept attorno al quale ruota “The most lamentable tragedy” è lo sdoppiamento di Our Hero, protagonista della vicenda che assieme al proprio doppelgänger vive una serie di traversie ed episodi improbabili. Il tema principale viene sviluppato dai Titus Andronicus usando uno spettro musicale decisamente e ovviamente ampio, nel quale chiaramente la componente punk rock è fondamentale ma assume una forma decisamente più barocca ed elaborata. Il primo atto dal ritmo tirato e le urla di ‘No future part IV: No future triumphant‘ muta pelle nella cadenzata ‘I lost my mind (+@ )‘ arricchita dal pianoforte per poi terminare con ‘Look alive‘, mezzo minuto di inferno in pieno stile punk ’77.

Sull’alternanza tra schitarrate violente, brani più leggeri e vagamente melodici, lunghe suite da soundtrack e intermezzi silenziosi si regge anche la parte successiva, mentre il terzo atto viene monopolizzato da’(S)HE SAID (S)HE SAID‘, dieci minuti di morbide schitarrate su una sincope punk, seguita dalla bizzarra ‘Fatal flow‘ che aggiunge a un tempo tirato non solo il pianoforte ma anche i cori, creando una sintesi indefinibile eppure azzeccata.

Col quarto atto i Titus Andronicus ne approfittano per alcuni omaggi e rivisitazioni, ‘A pair of brown eyes‘ dei The Pogues viene accelerata alla loro maniera e rigata dalla voce di Patrick Stickles, mentre il celeberrimo canto tradizionale di addio ‘Auld Lang Syne‘ -una grande hit di San Silvestro, alla pari di Disco Samba– viene riproposto in chiave corale e solamente incupito dal suono delle campane in chiusura. L’atto conclusivo ha il sapore quasi prevedibile della malinconia, ‘No future part V: In endless dreaming‘ è una struggente ballata per pianoforte, scossa da un timbro vocale che non è di certo quello di Billy Joel, ‘Stable boy‘ viaggia più su effetti e storture, per un finale rigorosamente privo di chitarre, una scelta discretamente sorprendente dato che parliamo di un gruppo punk.

The most lamentable tragedy” non è certamente un album facile, ma la struttura complessa non deve spaventare l’ascoltatore occasionale, non va considerato un disco riservato agli addetti ai lavori. L’alternarsi di suoni grezzi e melodie pulite lascia frastornati, ma questa schizofrenia dei Titus Andronicus, un disturbo bipolare che in fondo richiama il tema principale dell’opera, non va a scapito dell’immediatezza e della fruibilità, che rimane buona per tutta l’ora e mezza di ascolto.

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