Tinariwen – Live In Paris 2014
Tessalit è un piccolo comune rurale del Mali, in Africa.
Proprio lì, tra il deserto del nord e la savana del sud, nel bel mezzo di terre aride e con un clima ostile alla vegetazione, Ibrahim Ag Alhabib trova distrazione e sfogo nella musica.
La sua è una storia come tante, ma più di tutto una storia di rivalsa e di vita difficile. Orfano di padre ed esule in Algeria, con le storie di sangue della propria terra racchiuse nel cuore, nel 1996 dopo aver costruito e imparato da autodidatta a suonare la chitarra, Ibrahim decide di dedicare la sua vita alla musica e coinvolge nel progetto altri tre profughi Tamashek.
Fortuna vuole che nel 1999, ad un festival di world music nel deserto, i Tinariwen conoscano una band francese (i Lo’Jo) ed un chitarrista inglese (Justin Adams): saranno loro ad interessarsi per aiutare i ragazzi nella produzione di quello che diverrà a tutti gli effetti il loro primo disco (“The Radio Tisdas Sessions”, 2001), restando tutti piuttosto colpiti dall’originalità dei suoni e dai tecnicismi mostrati dal gruppo.
Dando uno sguardo più approfondito per comprendere meglio chi è Justin Adams, vi basti sapere che negli anni Duemila entrerà a far parte degli Strange Sensation, una delle tante formazioni di un Robert Plant post Led Zeppelin e, nello specifico, band nata in un periodo di curiosità da parte di Plant, che si orientò proprio con gli Strange Sensation verso le sonorità tipiche del Nord Africa, del Mali e dei Tuareg.
Con ben otto album all’attivo, quello che ormai è una sorta di collettivo sembra non volersi fermare in termini di popolarità.
Per gli appassionati del genere, i Tinariwen sono un capitolo puro e interessante; per gli amanti della chitarra e delle percussioni si tratta invece di un ascolto quasi obbligatorio.
Dopo aver aperto i concerti a band quali The Rolling Stones e condiviso il palco con uno degli dei della chitarra come Carlos Satana, eccoli alle prese con “Live In Paris 2014“.
Registrato durante un’esibizione al Théâtre Des Bouffes Du Nord di Parigi e pubblicato a novembre del 2015, il disco si compone di 12 tracce nelle quali appare anche Lala Badi, ospite speciale del concerto.
Settantaseienne carismatica, Lala Badi è conosciuta come la “regina tindé”, laddove con questo termine ci si riferisce sia alle percussioni che al repertorio musicale da cerimonia.
All’ascolto della sua voce, che con il singolo ‘Tinde‘ apre il disco, tutto sembra meno che una nonna Touareg.
Quasi una litania, una preghiera di oltre sette minuti: ‘Tinde‘ si arricchisce con il battito delle mani del pubblico che si rende partecipe del pezzo, la cui struttura è per lo più composta da percussioni.
E sono ancora le mani ad accompagnare, stavolta, la chitarra di ‘Tamiditin‘ e di ‘Koud Edhaz Emin‘, brano ipnoticamente blues estratto da quel bellissimo disco che fu “Emmaar” (2013).
‘Tamatant Tilay’ (letteralmente, ‘La morte è qui‘) sembra una danza antica che si balla quasi con gioia e calore nonostante la tragicità racchiusa in essa.
È un viaggio lungo che porta nel cuore del Mali, questo disco, e che percorre in parte la discografia del gruppo ora composto da nove membri quasi esclusivamente dediti a chitarra e percussioni (solo Eyadou Ag Leche al basso e calabash, strumento realizzato da zucche essicate).
Sonorità preziose che, a dispetto di molti pregiudizi in merito alla world music, non tediano e appassionano: ascoltatelo e vi regalerete quasi un’ora di emozioni.