The Cosmic Dead – Easterfaust
Se i vari gruppetti poppeggianti la fanno da padrone in casa nostra (arrendetevi, l’indie di cui parlate oggi non è l’indie degli inizi ma un mero travestimento tutto pop e ukulele), stavolta tocca andare fino a Glasgow per sentire qualcosa di esplosivo con i The Cosmic Dead.
Attivi dal 2010, i The Cosmic Dead sono un gruppo che fonde psichedelia e kraut rock.
Chitarra, basso, batteria e synth sono gli ingredienti base che hanno dato vita ad ‘Easterfaust‘, un 12″ con due tracce dilatate della durata più o meno di 20 minuti l’una.
Un percorso esplorativo che parte con lentezza dalla side A, in punta di piedi, quasi volendo avvisare che i The Cosmic Dead non sono poi così morti come ci suggerisce il loro nome.
Passaggi esasperati, dilatati verso il vuoto, fanno da sfondo a riff di chitarra ipnotici e distorti.
A reggere bene il gioco in questa side è la batteria, fulcro attorno al quale ruota l’intera session, contaminata da un basso che sembra raccontare la trama di un viaggio verso l’infinito.
L’andamento è piacevole, delirante, dal sapore tipicamente kraut rock.
La struttura sonora iniziale si evolve, tocca sfere di psichedelia assoluta e arriva a conclusione con un finale delirante che toglie letteralmente il respiro.
Potrebbe bastare già questo: intro, evoluzione e conclusione.
Una miscela perfetta che ti prende per mano e che ti fa camminare attraverso paesaggi cosmici.
Ma perché non dare un ascolto al lato B?
Ecco, qui l’impronta è diversa – ma non meno interessante.
Il sound prepotente, prettamente noise, è in continuo sviluppo tra cavalcate alte e cadute verso il vuoto, che non arrivano mai a concretizzarsi perché, al momento dell’impatto a terra, si riparte ancora, nuovamente verso l’alto.
L’immagine che mi viene alla mente è quella di un tappeto elastico sul quale saltare per cercare di arrivare sempre più in alto, e mentre si è per aria…capriole, volteggi.
E’ un immaginario intenso e frenetico quello che prende vita nella mia mente, e voglio ringraziare per questo i The Cosmic Dead: è grazie a gruppi come loro che ogni tanto ascolto produzioni attuali, senza sentire la necessità di rifugiarmi nella nicchia sicura degli anni ’70.