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The Claypool Lennon Delirium

The Claypool Lennon Delirium – Monolith of Phobos


Per un figliolo con il deretano parato dall’immensa liquidità e indiscutibile fama di papà John e mamma Yoko non dev’essere mai stato un problema non avere esattamente una strada precisa da imboccare. Chi ha i soldi, insomma, può anche permettersi di fare il musicista senza finire con le pezze al suddetto lato b.
Ebbene, dopo svariati approcci a cavallo tra pop, musica sperimentale e collaborazioni varie (Albert Hammond Jr. tra i molti), pare che il quarantenne Sean Lennon abbia trovato in Les Claypool, membro fondatore dei Primus, un compagno perfetto di scorribande, attualmente la metà de The Claypool Lennon Delirium.

Non che le aspettative su questo primogenito fossero altissime, ma il risultato di questa accoppiata non è nemmeno qualcosa da evitare in tutto e per tutto – magari, come un pranzo in una famiglia numerosa e a cui non si può dire manco per sogno «Sono pieno», sarebbe da preferire in poche, mirate occasioni.
Se da un lato abbiamo un Lennon che se la cava benone con la chitarra, passando da mood più progressive alla psych e a situazioni quasi swing, nonché dimostrandosi capace praticamente sempre di smussare l’andazzo troppo cartoonistico dell’indole Primus e di piazzare l’elettronica nei punti esatti, dall’altro Claypool stesso offre linee di basso protagoniste e per nulla atte a sostenere l’impalcatura dei pezzi in qualità di semplice ritmica, cosa che probabilmente i bassisti – finalmente rivestiti di un ruolo decisivo – apprezzeranno.

‘Bubbles Burst’ è un omaggio palese e lisergico ai Beatles, ‘Breath of a Salesman’ strizza l’occhio al reggae col suo sincopato e la sua chitarra ululante, ‘Cricket and The Genie’ (uno dei brani meglio riusciti) fa vivere l’atmosfera di un progressive baldanzoso con organetto e vocalizzi armonici.
“Monolith of Phobos” non è il disco che cambierà il corso degli eventi né inciderà in particolar modo sulla storia della musica, ma ciò non toglie che concedergli una chance non costi alcunché – sempre e solo se, ovviamente, alla fine dell’ascolto non vi ritroviate con le gonadi in frantumi.

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