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Tame Impala – The Slow Rush


È uscito il 14 febbraio il nuovo disco dei Tame Impala, il quarto della loro discografia, intitolato “The Slow Rush”.
Pubblicato con Island Records Australia via Caroline International, è stato anticipato da singoli quali ‘It Might Be Time‘ e ‘Borderline‘ oltre che, a inizio anno il brano ‘Patience‘.
Il disco è stato registrato tra Los Angeles e lo studio del frontman della band, Kevin Parker, a Fremantle, in Australia.
A comporlo dodici brani registrati, prodotti e mixati da Parker.
L’artwork di copertina, bellissimo, è stato realizzato in collaborazione con Neil Krug e rappresenta un simbolo dell’umanità inghiottito dall’ambiente circostante.

“The Slow Rush” è un viaggio interstellare, un percorso inebriante di melodie e sperimentazioni prog.
Si apre con ‘One More Year‘, psichedelica e sognante, ma il caleidoscopio continua ad aprirsi, tendendo anche alla tenerezza, con la successiva ‘Instant Destiny‘ – un destino che è quasi un colpo di fulmine.
Borderline‘ ha un gusto quasi r’n’b mentre si delinea un nuovo disegno di armonie a ventaglio.
Siamo nelle acque calme di un mare al tramonto nel momento in cui ci proietta ‘Posthumous Forgiveness‘.
E respiriamo, come ci invita a fare il brano seguente (‘Breathe Deeper‘) il cui ascolto, in effetti, rilassa.
Tamburi lontani e poi più vicini ci approcciano al ritmo di ‘Tomorrow’s Dust‘: la polvere vola leggera.

On track‘ è aria rarefatta, che si sublima grazie ad un pianoforte vibrante seguita da ‘Lost in Yesterday’, brano dagli echi della dance 80s.
Ci spostiamo verso sonorità che strizzano l’occhio agli anni ’90 con ‘Is It True‘ per arrivare a ‘It Might Be Time‘ che racconta l’ombra della paura che aggredisce il tuo tallone d’Achille.
È l’idea orribile che il tuo fascino sia andato a farsi un giro e che potrebbe non tornare.
È dubitare di te stesso, pensando «Ce l’ho ancora? L’ho mai avuto?».
Possiamo accettare che i bei tempi ormai sono andati?
Il prog-pop continua pulsante sul groove vorticoso di ‘Glimmer‘ e, per chiudere, è il momento di ‘One More Hour‘.
Un brano leggermente malinconico, speziato, che esplode in mille note variopinte.
Si chiude così la lenta corsa di “The Slow Rush”, questo tuffo profondo nell’oceano del tempo che passa.
Kevin Parker al New York Times ha dichiarato:

«Molti dei brani sostengono l’idea del tempo che passa, di quando vedi la tua vita passarti davanti rapidamente e sei in grado di vederla in modo chiaro.
Sono stato spazzato via da quest’idea del tempo che passa.
C’è qualcosa di veramente entusiasmante in tutto ciò»

I Tame Impala ne hanno sfruttato l’odore terrifico per regalare al proprio pubblico un nuovo disco di grande bellezza.
Crisi che diventa arte.
Dolore che si esprime e si sfoga con l’arte delle sette note.
Una slow rush verso l’orizzonte indefinito della vita, che, in realtà, continua.

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