Sabbia – Sabbia
Nati nel 2015 trasportati da una lunghezza d’onda che varia dall’insolenza dei Queens of the Stone Age all’anima progressive dei Motorpsycho, i Sabbia pervadono il senso riflessivo e la potenza volitiva di ogni ascoltatore attraverso gli effetti creati dal loro sound ineguagliabile, nonostante si auto conclamino portatori di un genere misto tra film porno anni ’70 e colonne sonore per film fantascientifici.
«No Ale, aspetta…»: così viene acclamato l’animo eccentrico e sperimentale che pervade l’Ep omonimo appena sfornato dal quintetto biellese, uscito per KonoDischi/La Mansarda (già disponibile in digitale, su cd dal 24 marzo).
Completamente strumentale, è frutto di varie jam session da cui vengono ricavate a presa diretta le registrazioni (La Sauna Recording Studio) che lo andranno a comporre. Quattro brani che innestano altrettanti viaggi e una miriade di sensazioni oniriche, il cui unico scopo è far intendere all’ascoltatore cosa l’artista propone di comunicare.
Il tragitto iniziale si attribuisce a ‘Indagine‘, prima traccia del disco che non ha un impatto sonoro diretto ma molto crescente, accompagnato perennemente dal basso e dalla batteria. Dopo un po iniziano ad uscire le melodie accattivanti della chitarra e della tastiera arrivando infine a dare voce al sassofono che entra molto tratteggiante fino all’esplosione di un assolo finale.
Il secondo brano, ‘Montagna‘, concretizza già di il tipo di viaggio portandoci in una bufera di neve visualizzata dal basso, che con le sue armonie aggressive e distorte ci permette di focalizzare la situazione di questa bufera, accentuata dalla maliziosità del sassofono.
Il terzo atto è ‘Armonici Elettrici‘, il quale più che assomigliare ad un viaggio impersona direttamente il ciclo giornaliero del Sole, descrivendone tutti i passaggi intermedi che partendo dall’alba, descritta con una stupenda armonia della chitarra, arriva al tramonto, passando in una miriade di synth della tastiera molto curati e sviluppati che colorano al meglio le varie sfumature.
L’ultimo viaggio,’Lasonil‘, porta verso una meta di dolore, attenuato solo alla fine del brano; lo si può notare subito dalla sonorità dell’esplosione iniziale molto post-grunge e dall’ambiguità del sassofono molto cantabile in un contesto così cupo, concludendosi con un finale ad effeto molto evidente.
Quattro itinerari in 25 minuti che nessuno dovrebbe perdersi perché oltre ad essere percorsi visualmente vengono inclinati verso un viaggio interiore e prospettico fuori dal normale, poiché fuori dal normale è questo complesso, che riesce a stupire per le sperimentazioni attuate in questo album ricco di sonorità diverse e frizzanti.