Ruggine – Iceberg
Li avevamo lasciati lì, presi dalla loro delicatissima Estrazione matematica di cellule.
Iceberg, invece, è il secondo disco di una band che non passa inosservata e che rischia di rappresentare un ostacolo per chi ha intenzione di emergere finalmente dall’abisso.
Perchè i Ruggine, piemontesi doc, stanno risalendo velocemente dal silenzio che li ha avvolti dal 2010.
Iceberg è un disco che non si fa mancare nulla, nemmeno le tracce dai titoli improponibili.
Ma torniamo a noi.
Al di là del parlato alla Massimo Volume (non potevo fare un accostamento più scontato, lo so) e delle sonorità simili a quelle del primo disco, quel che più appassiona è lo sforzo di proporre un album sicuramente più completo, cadenzato e lineare.
Il basso ad inizio brano non manca, la struttura ben collegata nemmeno: insomma, “del maiale non si butta niente”, soprattutto quel che di buono ha da offrirci.
Parlavamo di Pangea: è un agglomerato di misteriose verità nascoste nel nostro io, sul fondo di quel sottosuolo che ci fa un po’ paura.
Un’orda di zombie affamati, o semplicemente qualche scheletro in più nell’armadio: si fa tanto per prendere in mano la propria situazione e per agire come meglio si crede, ma non è detto che sia semplice decidere.
Cds non è il nuovo progetto di Lindo Ferretti, ma è quel frequentissimo e ben accetto “sclero” a fine disco: il colpo di grazia, l’ultima possibilità per distruggere quel po’ che rimane intatto.
Buttiamo giù qualcosa, magari per il semplice gusto di farlo, perché nulla deve rimanere in piedi per forza – o meglio, tutto è destinato ad infrangersi in mille pezzi.
Un’ondata di freddo interesserà quasi tutto lo stivale, soggetto all’azione di una famigerata tempesta chiamata Iceberg.
Dal 1 novembre vi consiglio di comprarvi una sciarpa, un nuovo maglione hipster, e di uscire di casa per andare a sentire i Ruggine live: vi va un po’ di noise?