Roberto Fedriga – Roberto Fedriga
Per Roberto Fedriga si tratta dell’opera prima, e già da ora il giovane cantautore mostra una straordinaria maturità artistica ed un modo personale di far incontrare allo stesso punto folk, rock e jazz.
Aggiungendo anche un pizzico di blues.
Una grande prova per il musicista bergamasco.
Si avverte molto la tradizione americana: le atmosfere intime e malinconiche di Tim Buckley pervadono il disco dall’inizio fino alla fine, lasciandosi contaminare ripetutamente da vari elementi.
Ed è così che il lavoro prende una piega più blues ed irriverente come in Non chiamarmi bambola, più rockeggiante e ruggente in Punto di non ritorno oppure più dolcemente smooth jazz come in Divina D. Mantenendo sempre un semplice e nostalgico cantautorato a volte molto pungente ed ironico. Pacato all’apparenza, Roberto Fedriga lascia trasparire la giusta rabbia e il giusto dolore attraverso le parole, accompagnandole con sonorità delicate e decisamente piacevoli che rendono meno aspri i toni del cantautore. Mai esageratamente complesso e mai troppo su di giri, l’imperturbabile Fedriga ci delizia con il suo timbro cristallino e vellutato privo di inutili virtuosismi o gorgheggi.
Un folk a metà tra l’America e l’Italia, che prende l’essenza di entrambe le radici musicali. Con stupendi ed azzeccati guizzi jazz, l’introspezione viscerale del blues e accenni rock potenti. Una nota in particolare va alla conclusiva Punti impenetrabili che descrive perfettamente il mood leggermente lunatico, gradevole e passionale dell’intero album.
Uno stupendo esordio per il trentenne di Lovere.
Un disco amabile, quasi bucolico, con graduali e morbide variazioni. Sognante ma allo stesso tempo disincantato, Roberto Fedriga sa già il fatto suo. Un buon primo lavoro, dalle tonalità calde ed avvolgenti. Una dura denuncia sociale venata di una tenerezza musicale. Una figura che spicca con decisione sulla scena del cantautorato italiano.