Radiodervish – Cafè Jerusalem
Lasciate aperte le porte dell’immaginazione, perché con il loro ritmo orientaleggiante ed una musicalità perfetta per un sognante e caldissimo viaggio interiore, i Radiodervish, che giungono con ‘Cafè Jerusalem‘ al loro undicesimo lavoro, vi doneranno un vero e proprio trip tra sensazioni, emozioni (e perfino odori) di una parallela vita in Medio Oriente.
Siete seduti in un afoso locale durante un viaggio solitario ed un uomo in turbante vi offre un delizioso thé alla menta, facendolo sgorgare da una teiera in ceramica blu in una bollente tazzina in vetro.
Ma c’è qualcosa che sopraggiunge a turbare la vostra calma: il pensiero di questo rituale vi riporta alla persona di cui siete innamorati, e che non è con voi in quel momento.
D’improvviso irrompono nel locale dei musicanti locali, pronti ad inebriarvi di melodie romantiche e sensuali.
Toccati da questa sublime voglia di rendere omaggio all’esistenza, continuamente e senza remore, decidete di riprendere il vostro cammino verso la città vecchia, nel sogno ad occhi aperti di un avvenire florido e denso di amore, non dimentichi però della fragilità dei desideri e della durezza della realtà.
Esattamente questa è l’atmosfera delle 9 tracce che compongono ‘Cafè Jerusalem‘, album il cui punto cardine è la città delle tre religioni e degli eterni conflitti, la forte ed eterna Gerusalemme, cui Nabil Salameh e Michele Lobaccaro si ispirano per far addentrare i propri ascoltatori dentro le storie recitate dagli Hakawati (citati nell’omonimo brano a loro dedicato) che in tempi remoti intrattenevano i caffè della città santa recitando e suonando storie di uomini e donne illuminate dalla speranza – come succede in ‘Nura‘ – o di innamorati che si rincorrono – come nel caso di ‘Love me in Jerusalem‘.
‘Jaffa Gate‘ è una passeggiata in un soleggiato giorno pieno di felicità e di voglia di vivere: la festa suscita nei protagonisti del brano una nuova spinta, dritta e potente verso la vita.
Quella stessa spinta rinvenibile anche nel brano ‘Out of time‘, ambientato su uno sfondo che incude la già citata città vecchia e le grida divertite dei bambini.
Nel caso di ‘Musrara‘, ad emergere e a brillare è anche l’uso di un poetico e dolce italiano, prestatosi soavemente a narrare un amore che riesce, nonostante le difficoltà, finalmente a sprigionarsi.
Lo stesso amore che in ‘Promenade‘ viene definito dalla sua protagonista, ‘Nura‘, come un sogno proibito, impossibile da rendere reale e concreto.
Perché non sembrerebbe, ma nonostante l’uso sovente della lingua araba e di un po’ di inglese, i Radiodervish sono una band italianissima e si formano in Puglia nel lontano 1997.
Nascono dall’incontro tra due culture distanti come quella palestinese e quella italiana che riescono inaspettatamente a dare vita ad un’unione di poesia e di melodie non indifferente, tale da ispirare ben 11 album di musica da loro stessi definita come ”mediterranea”.
Musica che cattura l’attenzione grazie alla propria originalità, derivante dal fatto che oltre ai suoi danzanti ritmi e ad una voce solista che ben si adatta ad essi, si serve di strumenti come l’accordion, l’oud, il saz baglama, la chitarra portoghese, i cajones, il banjo, il glockenspien e tanto altro – il tutto affiancato al tradizionale trio chitarre-tastiere-batteria.
I Radiodervish annoverano inoltre nella propria quasi ventennale carriera collaborazioni con artisti di alto rango, da Franco Battiato a Noa, passando per Giovanni Lindo Ferretti e Nicola Piovani, senza farsi mancare incontri con generi variegati e diversi (Lorenzo Cherubini e Carlo Lucarelli).
I Radiodervish sono stati negli anni ospiti di palcoscenici internazionali di notevole caratura (Roma, Bruxelles, Tel Aviv, Londra, Valencia) incorporando nella propria ossatura di musicisti tutto il fiume della propria esperienza, arrivando ad incarnarla nei loro versi e nelle loro melodie, nei propri suoni e nelle sensazioni che vogliono ispirare, permettendo a chi decide di prestar loro orecchio di immergersi nel profondo di un vero e proprio sogno.
E, con la stessa verve, di riuscire magari ad invogliare questi ad immergersi anche in sé stessi.