Punkreas – Radio Punkreas
Faceva un caldo madornale, ormai otto estati fa, sull’autobus che portava dalla sede degli Alpha-test a Termini.
Mi ero impuntato con i miei genitori che finito il liceo avrei fatto il medico.
Sarei stato un pessimo medico, la medicina moderna ancora ringrazia la mia poi presa di coscienza, che “la mamma ha sempre ragione”, e seguii il suo consiglio laureandomi a pieni voti alla prestigiosa Università di Sogni infranti e Fallimento detta anche Cinema e Arti Visive.
Faceva caldissimo, e io ero una pippa a fare quei cazzo di test.
Ero riuscito ad iscrivermi anche alla versione due punto zero: andavi in un posto un mese prima dei test e loro ti facevano fare i test con insegnanti e psicologi e cose che ti facevano sentire sia molto “pro” sia molto stupido.
Con me al corso c’era il mio amico storico delle elementari (figlio di medico), la sua allora ragazza (figlia di medico), il suo amico (ultimo discendente di una famiglia di ginecologi) e una cagna maledetta che pensava che il creazionismo fosse una teoria scientificamente valida.
Tutti loro passarono il test.
Io no.
Comunque.
Quell’estate faceva caldo.
Fu la prima estate (ne sarebbero seguite molte, complici la crisi economica e la mia passione per i lavori gratis nel cinema) in cui i miei genitori partirono andando al mare e a me lasciarono a casa.
Mi lasciarono viveri e la bustina antipanico con dentro i soldi di emergenza.
Era il 2006.
Avevo i capelli lunghi e la magliettazza degli Ska-P.
Sognavo una carriera in Emergency.
Pensavo che non poteva esistere nulla di meglio che l’anarchismo socialista.
Insomma, ero sinceramente sedicenne.
Stupido, ma carico di un’energia potenziale naufragata in fallimento totale.
Quel giorno, dopo una serie di simulazioni andate malissimo in cui avevo totalizzato un punteggio equivalente a “Guarda, risparmia i soldi dell’iscrizione al test di ingresso”, ero molto triste.
Tornavo a casa in autobus e arrivai davanti alla Feltrinelli.
Lì mi venne in mente che un mio amico, anzi all’epoca ci chiamavamo “Kompagni” (sic.), mi disse che era uscito il live del nostro gruppo preferito che erano i Punkreas.
Un disco Live.
Mi ringalluzzì come un pupo, e scesi dal bus al volo.
Entrai.
E trovai anche accatastati vicino, una pila di cd dei Folkabbestia (altro must generazionale, per me) che invece usciva con un disco di cover.
Ho sempre adorato le cover, avevo all’epoca una collezione infinita di cover ska da sfoggiare alle feste della sezione giovanile.
O alle feste dell’oratorio.
Insomma, non mi riuscì di trattenermi e li presi tutti e due: fu la prima volta che compravo coscienziosamente (va bhe, mica tanto) dei cd.
Altrimenti, c’era Abbàh sotto casa che li masterizzava.
Era un pirata, ma con stile: c’era la stessa dinamica di un negozio di dischi, ma lui ti offriva Peroni e alla bisogna pure dei dvd con dei porno orrendi.
Ero entusiasta di quell’acquisto in Feltrinelli, volevo supportare i miei beniamini con l’originale così avrebbero fatto di nuovo musica.
Sì.
E poi credo avessi già allora quel disturbo ossessivo che quando sei triste devi spendere soldi.
Cosa c’entra tutto questo con il disco che sto recensendo?
La musica non dà scampo: è la miglior macchina del tempo che esiste.
Lo stesso caldo.
La stessa band.
Forse, lo stesso senso di straniamento che naturalmente all’alba dei 27 anni ti prende come appena finito il liceo.
E perchè mi sembrava divertente che adesso fossero i Punkreas a proporre un disco di cover.
Ammetto che li ho un po’ abbandonati, sapete: arrivano altri gruppi che ti raffinano un po’, altre conoscenze, espandi la tua libreria musicale in base al gruppo preferito della ragazza di turno per la quale impazzisci, inizi a scrivere anche tu canzoni… ma loro rimangono sempre lì.
Fedeli a loro stessi.
Fedeli al punk pop di stampo politico.
Per gridare e in un modo che sia comprensibile al mondo.
Come dopo un largo giro, eccoli di nuovo qui.
Bando alle ciance: volete una recensione? Eccola:
Il disco Radio Punkreas è una bomba.
Una ficata, per quelli come me.
Alcuni diranno il contrario.
Alcuni diranno che comunque è roba “trash”.
Ma la cosa assolutamente fondamentale è questa: chissene frega.
Il disco è divertente, suonato bene per il genere che si prefigge e la tracklist è composta da chicche incredibili, come la cover di Pigro di Graziani e una versione balera di Io sto bene: cose buffissime che ti strappano sorrisi.
Se messo in macchina, è il cd ti fa cantare a squarciagola.
C’è una cover dei Subsonica, c’è Piotta che rappa sulla cover punk di una canzone…anzi, la canzone di Jimmy Fontana.
E’ il disco perfetto per la festa a casa, o una festa di laurea.
Ubriachi a cantare gli anni ’80 di “driiiiiimssss ar maaaai rialidiiiiii!!!” simulando il gesto delle cuffie del film, però con quel gusto zompettante rock pop che ci ha sempre fatto preferire l’orecchiabilità.
Ad esempio, quando sento un disco che so essere di sole cover non guardo nemmeno la tracklist.
E adoro come ad un certo punto si riconosca la canzone, a due secondi prima delle parole… in quel momento senti che il mondo può darti ancora un sorriso malinconico.
E farti sussultare come un pupo quando senti una delle tue canzoni preferite del tuo gruppo preferito, e senti la voce del cantante del tuo gruppo preferito che fa una comparsata.
Vi consiglio di mettere da parte la vostra animetta da fini ascoltatori di gruppi da Primavera sound e di bere un litro di sangria, mettere su il disco dei Punkreas e chiamare i vostri amici per una festa a casa.
Si, fa molto commedia italiana brutta.
Ma c’è Jannacci.
C’è Freak Antony.
Una cosa è certa: che abbiate appena compiuto 16 anni o se avete siete all’alba dei trent’anni (ancora meglio)… un ascolto è quello che vi serve.
Davvero.
Chiamate gente, spegnete Facebook, compratevi il disco o scaricatevelo e divertitevi.
Non pensateci.
Non pensate.
Una pausa ve la meritate.