Out Of Place Artifacts – OOPArts
Uscito a fine 2016, “OOPArts” è il primo album degli Out Of Place Artifacts, una band che si autodefinisce con le seguenti parole: «Artefatti fuori luogo. Così sono queste canzoni e così ci sentiamo noi, presenti e distanti da tutto quello che ci circonda».
Questo disco, composto da nove tracce, è stato registrato tra maggio e giugno 2014 presso la Gpees Productions, a Como, sotto la supervisione tecnica e la produzione di Giorgio Pona e Gigi Piscitelli, ed è stato masterizzato da John Davis dei Metropolis Studios, a Londra.
In esso ritmi leggeri e accurati rendono ricche di energia canzoni che aprono tanti tipi di orizzonti musicali, che sebbene diversi tra di loro, sono sempre in qualche modo connessi.
In questo lavoro, preceduto solo dall’Ep “Irrelephant?” del 2011, ci sono i riverberi, c’è un po’ di noise, non manca una dose di rock e nemmeno qualche sfumatura pop.
Gli Out Of Place Artifacts sono una band romana composta da David Schinzari, che presta la sua voce un po’ ruvida ma anche calda ponendosi come lead singer, dal violino di Giorgio De Toma, da Alessandro Cendamo al piano, al synth e come seconda voce, da Andrea De Toma alla chitarra, da Riccardo De Stefano al basso e da Luca Monaldi alle sezioni ritmiche.
Il loro è un new wave che si mescola al chamber pop e di cui sentiamo le conseguenze in tutti i brani di “OOPArts”, tutti rigorosamente in inglese e ricchi di quella visione del mondo malinconica e legata alla sfida quotidiana che rappresenta il nostro vivere.
Brani come ‘Frog 1’ e ‘Frog 2’ raccontano storie di speranza e di un futuro ancora da scrivere; ‘Fully obsessed with coffee’ tratta la frenesia dell’esistenza moderna e ‘Red’ scorre su dinamiche armoniche sperimentali e molto dark, per approdare su temi come l’attesa e la solitudine.
È un’intro di chitarre danzanti quello di ‘Ballantines 12’ e ‘Dorotea’ mette al proprio centro una ragazza e la sua avventura.
‘Internoise’ non è un intermezzo strumentale ma un altro pezzo di questo chamber pop così giovanile e tendente ad un crescendo da ritrovare dietro ogni angolatura del brano, raffinata dal violino e dalle sue elegantissime vibrazioni.
“OOPArts” è un disco che si lascia ascoltare con serenità, che non manca di sfumature e di densità, che non si arrende all’appiattimento sonoro di certe tipologie di sperimentazioni ma che si attesta come una prima e buona prova per una band che avrà la possibilità di avviare un lungo e luminoso cammino.