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Oolite – Yawn


L’estate è giunta ormai termine.
I suoi suoni, colmi di ritmi ed energia, sono ormai alle spalle e si intravede la nuova stagione.
In questo limbo tra le stagioni che si susseguono, un disco sperimentale come quello di Oolite può regalare diverse soddisfazioni.

Oolite è il nome del progetto dietro cui si nasconde un musicista da un variegato passato e da una grande esperienza musicale. Vito Pagliarulo è originario di Como e dopo l’esperienza in diverse band, decide di intraprendere la strada solista e dare alla luce il suo alter ego Oolite. Nel 2008 viene pubblicato il primo esperimento per questo progetto, dando alle stampe il disco “Wax-work”. Dopo otto lunghi anni torna a dare voce alla sua creatività, pubblicando il nuovo lavoro “Yawn” (“Sbadiglio” in italiano).

Oolite si immerge in universo elettronico sperimentale, creando atmosfere mutevoli e sempre varie da canzone a canzone. Il mandolino, le percussioni e la drum machine parlano tra di loro e si confrontano in modo serrato, ma al centro di tutte le composizioni rimane sempre la chitarra, che diventa voce e guida in questo viaggio onirico.

Si passa da ritmi serrati e ricorsivi come quelli di ‘Deprots’ 12′ ad arpeggi acustici classici come ‘Prehistoric Hunter’s Heaven’. Particolarmente riuscito è il pezzo ‘Slump’, secondo brano del disco, che presenta un andamento incisivo e coinvolgente. La voce è profonda e graffiante e sembra provenire da un brutto incubo lontano.

I passaggi più interessanti del disco nascono dalla presenza di tre canzoni che Oolite ha intitolato ‘Telmisartan/Discovering’, ‘Telmisartan/Treatment’, ‘Telmisartan/Healing’.
Cercando su Google trovo che il Telmisartan è il principio attivo utilizzato per guarire l’ipertensione. Scoperta, trattamento e guarigione, rappresentano  le tre fasi che contraddistinguono la malattia in uomo. Oolite le analizza, le scorpora e infine le sintetizza attraverso la sua sensibilità musicale.

Non manca però qualche scivolone di troppo come il brano ‘Slowdown, Dawn’ o ‘Fogs Bretons’ che contengono influenze ereditate dai Radiohead, ma che non convincono fino in fondo.

Nel complesso un buon disco, che apre alla sperimentazione in chiave elettronica e conduce verso un elaborato lavoro d’autoanalisi, come suggeriscono i tre pezzi citati per il Telmisartan. Forse invece è tutto falso e quello che conta veramente è farsi un grande sbadiglio ed aspettare la stagione che verrà, come suggerisce Oolite.

 

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