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Nico Sambo - Ognisogno

Nico Sambo – Ognisogno

Le città di mare sembrano rappresentare una costante nella biografia di molti artisti italiani, così Livorno (che ha dato i natali a Nico Sambo), fa da sfondo ambivalente di “Ognisogno”, luogo d’ispirazione e al contempo realtà malinconica che in un certo senso ingabbia la sensibilità del cantautore toscano.
Dunque, Livorno come teatro di amori infelici e contemplazione, intimità e difficoltà di espressione dei sentimenti: tematiche attorno cui ruota il quarto lavoro di Sambo che sicuramente richiede più di un ascolto per essere compreso ed apprezzato.

Dal punto di vista strumentale, l’opera, appare come nebulizzata o vaporizzata da uno spray, piena di chitarre in delay e ritmi a volte indecisi fra l’hard rock e un pop spensierato. Il pianoforte assume chiaramente il ruolo di figura razionale all’interno di quella matassa emotiva che crea Sambo, una legenda da seguire per tenere il passo nel legame sonoro instaurato fra voce e musica: alcuni riff orecchiabili ed elementari senza i quali le parole del cantautore sarebbero rimaste sospese in maniera più incerta.

Francamente è proprio l’aspetto dei contenuti testuali quello che lascia perplessi all’ascolto di “Ognisogno”. Fra ermetismo e comprensibilità corre un soffio, e Sambo forse alleggerisce troppo quella linea che distingue i due mondi.
Se la tematica dell’amore risulta preponderante e prepotente, gli strani accostamenti di immagini (che vorrebbero essere suggestivi e poetici, a volte senza successo) nascondono l’autore dietro un velo di incertezza. Le emozioni che emergono dai brani strumentali (uno su tutti ‘Eurasia’) sembrano quasi più genuine di quelle espresse a parole. Un onirismo a tratti forzato che forse, a monte, non prevede una totale compenetrazione dell’ascoltatore, come fosse un monologo fra Sambo e sé stesso. Spezzetta, tagliuzza e frammenta come fosse un cuoco fedele agli insegnamenti di uno chef che somiglia incredibilmente a Francesco Tricarico, ma con una più spiccata tendenza alla filastrocca.

Eppure, al terzo ascolto, ancora ho la sensazione che qualcosa mi sfugga, in “Ognisogno”.
Ho l’impressione che sia un’opera più complessa di quanto non voglia mostrare, più sfaccettata, ma che concede di analizzare solo una faccia alla volta.

Nel dubbio procedo al quarto ascolto…

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