Next Point – America
La storia del rock Italiano è assillata da sempre dal grande dubbio “cantare in inglese o in italiano?”.
Il gruppo trentino dei Next Point con America (terzo disco in studio), dopo due dischi in inglese, passa dalla parte dell’idioma di Dante, con risultati eccellenti tanto da suscitare una domanda: perché non farlo prima?
La bellezza di America, fortunatamente, non sta solo nei testi e nelle voci, ma nella sua completezza.
L’America è un sogno che da sempre incarna i valori della libertà, della ribellione, della rivalsa, della fantasia e della creatività.
Un sogno che negli ultimi anni è tornato prepotentemente in auge nel vecchio continente.
Allora ecco America è la voglia di tutto questo, ma con i piedi ben saldi a terra.
America è questo sogno, ma con occhi aperti difronte ad una realtà che stringe e costringe alla propria terra di origine.
I Next Point ci regalano tracce pregne di un sapiente rock, di ispirazione internazionale ma reso fottutamente nostrano da testi che sono pura poesia.
Gli ingredienti ci sono tutti: il sound incisivo e deciso di Emicrania, Morire Giovane e La morte del fabbro; la voglia di accusa e rivalsa della bellissima Mille Nani e Dentidoro.
Il tutto avvicendato con l’ironia di Matiz cabriolet e America, appunto, con quell’affascinante verso “Mamma non esser triste per me, non me ne vado perché è quasi primavera…” – pura dichiarazione d’amore per la propria terra e per le proprie origini.
Il tutto è amalgamato con bellissime ballatone come Dublino Est e Tra le nuvole di Bangkok, che chiude il disco.
America contiene anche L’altalena blu, una poesia bellissima musicata in modo eccellente con una chitarra tutta in levare, coloratissima e sognante che ti entra nel cuore e ti sprona a cantare “Datemi la poesia che il tempo mi ha strappato via…”.
I Next Point del 2014 con America ci consegnano un prodotto completo e lucente.
La franchezza di America andrà a collocarsi sicuramente di diritto (a mio avviso), in quella che da qualche anno sta diventando la nuova scena rock Italiana, quella nata sulle macerie degli anni ’00 e tra i fumi di un mercato sterminato dalle case discografiche e dai produttori, stordito dalle etichette indipendenti e da un consumatore sempre più frettoloso e superficiale.
Per chiudere è bene sottolineare la buona produzione del disco.
Buoni gli arrangiamenti e l’uso dei synth.
Buon ascolto.
La pulce nell’orecchio: se ti piace il genere ascolta Song For The Deaf dei Queens Of The Stone Age e Viaggio Senza Vento dei Timoria.