Nasty Farmers – Nasty Farmers
Pensate alla Toscana, ai suoi paesaggi rurali ed alle persone che la vivono e la animano: cosa ci può essere di più rock per una band che arriva dalle parti di Pisa?
Semplicemente un immaginario western che sembra direttamente uscito dalla testa e dai pensieri di Sergio Leone.
E’ in questo modo che nascono i Nasty Farmers.
I Nasty Farmers sono quelle figure abituate a lavorare la terra e dalla pistola facile se attraversi la loro proprietà o gli fai uno sgarro.
Cosa c’è di meglio di una zappa riadatta a chitarra e che assomiglia pericolosamente ad un fucile per rappresentare tutto questo?
“Nasty Farmers” è anche l’incontro e la condivisione d’esperienze musicali tra Matteo Coletti (testi, chitarra e basso) e Luca Sestini (batteria).
Alla fine arriva Giovanni Colletti con il suo piano elettrico ad almagare tutta la produzione: nel 2014 finiscono di produrre il loro disco d’esordio omonimo e cominciano quindi a girare l’Italia portando sui palchi il loro sound.
Il suono proposto dai Nasty Farmers è un suono stoner, decisamente americano, che pesca a piene mani dall’immaginario di band come Queens Of The Stone Age e Guns n’ Roses: alla persona di Josh Homme devono essere decisamente fischiate le orecchie durante la realizzazione di questo disco. Nel album si ritrovano anche derive blues e ballate decisamente intimistiche.
‘Go to Plow’ è il brano di apertura ed assomiglia ad un colpo di fucile in piena notte.
Sveglia tutto l’accampamento e sono tutti in piedi, alcuni con le pistole in mano, altri pronti a ballare.
‘Cougar’ è il brano successivo e comincia con una citazione dal famoso “Per un pugno di dollari” (Sergio Leone, 1964). Il ritmo è travolgente e coinvolgente. Se l’avvio è stato avvincente e pieno di energie, i brani centrali tirano un pò la corda, agitandosi senza trovare però un modo di sfondare.
Gli ultimi due brani cambiano decisamente passo e sono delle piacevoli sorprese.
‘The Dark Passenger’ è una piccola perla: una ballata scura, che sa di polvere del deserto, di malinconia e di una vita piena di pericoli.
‘On My Own’ procede sullo stesso registro e lascia la nostra cavalcata inconclusa, come la fotografia di un pistolero a cavallo su una duna del deserto in mezzo al nulla.
I Nasty Farmers si confermano una band dalle ottime potenzialità, ma ancora alla ricerca della piena comprensione di sé stessi.
Me li immagino una notte seduti davanti al fuoco, con in mano un piatto di fagioli e nell’altra la loro chitarra a forma di zappa.
Tra il racconto di una sparatoria e quello sulle virtù di qualche donna, saranno anche in grado di trovarsi.