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Moby – Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt


“Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt” è un titolo poetico, quasi l’estratto da una corrispondenza antica: sotto certi punti di vista è una frase che descrive per bene lo stato mentale nel quale si è immersi ascoltando invece il nuovo, quindicesimo album in studio di Moby.
Il musicista statunitense ha infatti pubblicato il 2 marzo 2018, con Little Idiot e Mute, un disco il cui titolo è un riferimento al romanzo del 1969 di Kurt Vonnegut, “Mattatoio n. 5”.

Il regno di Richard Melville, in arte Moby,  non sembra esser stato scalfito dal tempo ma arricchito dall’ansia della modernità: ecco infatti che ‘”Everything was beatiful, and nothing hurt” racconta di un’umanità vicina alla deriva, di una tristezza incolmabile, forse sentimentalmente legata anche a quella continua lotta contro la sofferenza degli animali – e degli umani – che l’artista cerca di portare avanti da qualche anno.
La copertina è eloquente: padre e figlio hanno il corpo umano e la testa di bovino.

La parola chiave di ‘Mere Anarchy’, la prima traccia, è “caution”, cioè “attenzione”, quella che andrebbe posta di fronte a dei paesaggi in completo sfacelo, quelli descritti nel brano.
The Waste of Suns’ è quasi un brano lounge, che guarda la bellezza sgorgare da sorgenti immaginarie e conturbanti.
‘Like a Motherless Child’ è un brano ammaliante e al contempo tragico: la voce di Moby si alterna a quella di Raquel Rodriguez e racconta di una perdita di contorni che genera terrore e un senso di dispersione acutissima, quella che potrebbe provare un bambino che perde la propria madre.
‘The Last of Goodbyes’ è un brano dedicato a quei silenzi criminali per cui si arriva a soffrire e di ciò si incontra la conferma nella dolcissima voce di Mindy Jones (già sentita in ‘The Waste of suns’).
Degli sforzi fatti solo per amore è fatta ‘The Ceremony of Innocence’ e di stanchezza e dolore narra, tra parallelismi e synth, ‘The Tired and The Hurt’.
È Apollo Jane a darci un sinuoso benvenuto verso la fine del mondo, sulle note placide di ‘Welcome to Hard Times’ mentre Julie Mintz attende un incontro post mortem all’ombra di un albero, ‘The Sorrow Tree’, e lo fa con ritmi ascendenti ed esaltanti.
In ‘Falling Rain and Light’ si tracciano i contorni di una preghiera che Moby ci offre con amore, lo stesso affrontato con rimorso sulle note di ‘The Middle is Gone’ («We were so much alive I couldn’t win/I had life pursing sin/And life pursing wind/And we were forcing dreams»).

A chiudere “Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt” sono due brani dedicati alla stessa oscurità che racchiude il senso di questo lavoro: ‘This Wild Darkness’ e ‘A Dark Cloud is Coming’, brani ricchi di una sperimentale spiritualità, di un mood da orchestra mescolata al soul, al trip-hop e al gospel.
Brani dotati di una malinconia insuperabile, la cui ispirazione ed influenza ci è anche dato modo di ascoltare attraverso le playlist che Moby ha creato su Spotify e YouTube.

L’artista ha voluto portarci nel suo paesaggio apocalittico e non ha voluto farlo da solo, ma con l’aiuto di molte voci femminili: Raquel Rodriguez, Julie Mintz, Mindy Jones, Apollo Jane e Brie O’Bannon.
Il risultato sembra essere sicuramente un gioiellino di alta qualità, purtroppo però non comparabile con i dischi migliori di uno degli artisti più eclettici degli USA, Moby.

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