Michael Nau – Mowing
“Mowing” è il primo album solista di Michael Nau, che dopo sei anni di silenzio torna alle scene con un lavoro che lo vede finalmente protagonista assoluto.
Già Page France, Cotton Jones e The Broadway Hush, sembra essere arrivato il momento di mettersi in gioco senza compagni di avventure e nomi più o meno stravaganti: semplicemente, Michael Nau.
Gli undici brani contenuti in “Mowing” sono stati scritti in momenti differenti della sua vita, ed è proprio per questo che l’album nella sua interezza sembra un viaggio nel tempo che abbraccia l’intimità ed il privato di un uomo, con diverse sfumature e colori dalle tonalità pastello che si alternano di brano in brano.
‘While you stand‘ è una ballata folk romantica i cui testi posano su una chitarra pizzicata, quasi a voler amplificare la sicurezza di un sentimento che vuole durare nel tempo contro ogni ostacolo – «I am a mountain / High as can be / Yes, and I am an ocean while you / While you stand by me».
‘The Glass‘ e ‘Love Survive‘ riflettono l’eco di sonorità morbide anni Settanta, e la stessa atmosfera la si incontra anche in ‘Smooth Aisles‘, dove parte del carattere del brano viene conferito dall’uso del mellotron che dona leggerezza e morbidezza al pezzo.
L’ascolto di “Mowing” prosegue senza grandi colpi di scena, portando l’ascoltatore in un percorso metaforico che si basa su piccole instantanee di vita, Polaroid sbiadite ritrovate in una polverosa scatola dei ricordi nascosta in soffitta.
Nonostante sia innegabile il talento di Michael Nau, alle mie orecchie “Mowing” appare quasi un lavoro anacronistico.
Il disco presenta un forte equilibrio nonostante i brani siano essi stessi sospesi tra sogno e realtà, ma nell’ascolto totale ciò che propone Nau è un’immersione impattante alla riscoperta di un determinato aspetto musicale degli anni d’oro.
“Mowing” presenta pochi elementi di folk moderno, è più una sorta di ritrovamento storico, un racconto in chiave vintage: può piacere molto tanto quanto rischiare di non essere capito, per finire con l’essere etichettato come un lavoro troppo legato al passato.
Personalmente, a parte ‘Winter Beat‘ (il brano più interessante del disco), tutto scorre in modo piacevole ma senza troppa personalità.