Marlon Williams – Marlon Williams
Dimenticate quello che credete di sapere sulla Nuova Zelanda.
Se fate fatica a non associare questo paese al rugby o a “Il Signore degli Anelli“, ci penserà la musica di Marlon Willliams a farvi ricredere.
Un volto giovane che però da tempo calca i palchi più in vista dell’isola oceanica, prima con la band fondata al liceo con alcuni compagni, poi con il cantautore country Delaney Davidson, suo conterraneo. Nel 2015 pubblica il suo primo album solista “Marlon Williams“, che se non colpisce per l’originalità del titolo, merita però un attento ascolto.
“Marlon Williams” si presenta con uno stile che ripesca moltissimo dal country della vecchia scuola; a sentirlo in maniera distratta si correrebbe il rischio di liquidarlo come un texano qualunque che suona sotto al suo portico, ma non si potrebbe commettere errore più grosso.
Gli elementi del genere americano ci stanno tutti, la chitarra acustica, i ritmi e per certi versi anche i testi, tuttavia non si può non notare un tocco delicato e molto sottile in grado di attualizzare e svecchiare la musica dei cowboys, come se ci fossero degli accenni ad una maggiore coscienza dell’uso che si sta facendo di quelle sonorità: alcuni colpi di vibrato che fanno da contrappunto o ancora le tastiere che talvolta ricordano i suoni dei moog degli anni ’70.
C’è forse un accenno di spregiudicatezza che però permette a Marlon Williams di cucirsi addosso una interessantissima variante del country rispetto a quello cui siamo abituati: non mette da parte lo stampo indie, ma non ne fa la sua identità imprescindibile, dimostra versatilità di argomenti e di forme musicali anche molto differenti fra loro (si è parlato dell’anima country dell’album ma non si può certo passare sopra alla seconda traccia ‘After All’ che rimanda fortemente allo stile dei Beatles) e tiene alto il livello qualitativo dell’intera opera senza cali significativi, rinnovando, canzone dopo canzone, l’attenzione dell’ascoltatore.
Vorrei porre l’accento su una traccia in particolare ossia ‘I’m Lost Without You’: qui più che altrove si sente quella che ho interpretato come l’audacia del disco, la citazione al limite dell’omaggio alle sonorità di Ennio Morricone sia nella voce sia nell’uso degli echi e degli archi, i quali si sposano molto bene con il tema sempreverde dell’amore perduto, danno la giusta dimensione di questo giovane artista.
“Marlon Williams” è un album riflessivo, che si prende il suo tempo e che forzerà anche chi lo ascolta a prendersi del tempo, a lasciarsi trasportare dalle note prodotte da un ragazzo e dalla sua chitarra (e poco più). Un album che sfoglia scorci e paesaggi, che passa in rassegna un mondo interiore prendendo in prestito un genere musicale e dandogli una rinfrescata, riportandolo al mittente migliorato ed arricchito. Un po’ come quando si presta la macchina ad un amico e lui la riporta con il serbatoio pieno.