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Le Città Invivibili – Le Città Invivibili

Qualche mese fa, navigando in rete, ebbi il piacere di scoprire Le Città Invivibili.

In quel periodo avevano solo postato il loro pezzo omonimo: lo ascoltai e me ne innamorai immediatamente.
Ho atteso molto l’uscita del loro primo lavoro e adesso finalmente posso ascoltarlo.
Le città invivibili è un duo Salernitano che decide di dar vita al progetto supplendo alla mancanza di un batterista con loop creati ad hoc e con l’utilizzo di un bel po’ di elettronica.

Pasquale De Rosa e Simonetta Gorga ci offrono un EP con sei tracce asprissime.
La prima volta che ho ascoltato Le città invivibili ho pensato ad un frutto acerbo e acre, spigoloso e difforme.
Poi l’ho riascoltato e ho avuto la medesima sensazione: allora ho capito da quale prospettiva guardare e ascoltare il lavoro, dove sta la vera natura e il vero sound del duo.

Canzone del Suicida è un pezzo grezzo, brusco, invivibile a voler essere più obbiettivi.
Le sonorità pesanti e la voce rude rendono il pezzo impenetrabile ai più.
I testi descrittivi oltremodo esprimono stati d’animo interiori oscuri e sofferenti.
Le basi e i loop di batteria, forse poco incisivi spostano l’attenzione sulle bellissime chitarre e sul basso, che insieme colorano a tinte cupe e spigolose il pezzo.

In Finestre ritroviamo le stesse tematiche dell’invivibilità, le basi di batteria e la stessa crudezza di chitarra e basso.
L’ Ep inizia a prendere ritmo, colore e sostanza alla traccia n°3.
E’ in  Canzone dello Specchio infatti che i testi diventano più rilassati e convincenti a favore di una voce che adesso arriva più melodica e profonda.
Le chitarre scintillano di solarità  e i giri di basso si fanno più rotondi.
Canzone dello specchio per buona parte, ha le caratteristiche di un instrumental, che fa poi da apripista alla seconda parte dell’EP, la più bella a mio avviso.
Con I colori del frigido si entra nel vivo del lavoro.
Questo pezzo di gran lunga più bello degli altri incorpora bellissimi arrangiamenti di chitarra e un basso che finalmente trova gloria tra le braccia di una batteria ora incisiva e viva, a creare una sessione ritmica completa.
La title track è una vera e propria cavalcata, in cui il duo si diverte a sperimentare  e a rincorrersi tra riff di chitarra e multicolori giri di basso in un crescendo ruvido e appuntito fino al massacrante finale.

Trenta minuti circa di sperimentazione, per un duo che dimostra di avere le idee ben chiare per il futuro.
Nel complesso il primo EP de Le citta invivibili risulta essere un buon lavoro.
In due parole definirei questa manciata di canzoni “spore soniche”, ovviamente più di qualcuno avrà capito a cosa voglio alludere.
Nel futuro e dal vivo, Le città invivibili lavoreranno di sicuro su queste spore per trasformarle in un album completo, energico e incazzato.
Personalmente spero che il duo diventi un trio o meglio un quartetto, in modo da poter completare un groove adeguato agli intenti. 

La pulce nell’orecchio: se ti piace il genere ascolta  Spore dei Marlene Kuntz, o un disco qualsiasi degli Zu.

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