Julia Holter – Aviary

L’esordio nel 2011, con quel magnifico disco che risponde al nome di “Tragedy” e che ha segnato l’inizio di una brillante carriera.
E l’arrivo, ad oggi, di “Aviary”, ultimo capitolo nonché quinto album studio di Julia Holter, cantautrice californiana in totale fermento sonoro.

Il titolo è preso in prestito da una raccolta di racconti di Etel Adnan, artista libanese – «Mi sono trovato in una voliera piena di uccelli urlanti».
È così che la Holter abbraccia la confusione di quell’affermazione, nel tentativo disperato di trovare una via di fuga da esso.

L’inizio di questo viaggio è affidato a ‘Turn The Light On‘, un brano totalmente spiazzante ma al contempo affascinante e coinvolgente.
La presenza del violino esaspera l’assenza di una struttura sonora e ci introduce al mood di “Aviary”: una serie di mini mondi a sé stanti, legati tra loro solo dalla firma che portano.
Perché questo album, così differente dall’indie pop dei lavori precedenti, è un notevole salto in avanti.
Un lavoro a modo suo d’avanguardia e art pop.
Un puzzle composto da tanti tasselli diversi che se uniti tra loro mostrano come visione d’insieme l’appartenenza ad un disco, ma che altrimenti restano inesorabilmente slegati.
Singole identità fini a sé stesse, come la barocca ed idilliaca ‘Voce Simul‘, nella cui trama si odono echi incantati – così diversi dalla combo di ‘Shall I Love 2‘ e ‘Shall I Love 1‘, dal sapore dream pop.
Un sapore più caldo con vibrazioni mediorientali lo ritroviamo invece nell’intensa ‘Underneath The Moon‘.

“Aviary” non è un disco facile, complice anche la lunga durata (un’ora e mezza suddivisa in quindici tracce).
Non è un disco facile ma è un disco che merita.
L’unica accortezza da riservare all’album è la pazienza di ascoltarlo più volte poiché il caos dal quale vuole fuggire Julia Holter, in definitiva, è lo stesso loop nel quale rischia di cadere l’ascoltatore.