Inior – Hypnerotomachia
“Peccaminoso amore non è nei loro cuori.” (Tristano e Isotta)
Un po’ Dream Theater, un po’ Premiata Forneria Marconi, un po’ Area, un po’ quel ‘Quadrophenia‘ dei The Who.
Il primo disco dei romani Inior è un romanzo cavalleresco narrato a suon di progressive, un epico concept album dalle atmosfere teatrali e dal sapore metallico.
Un magico sogno ad occhi aperti.
Partendo dalla passionale ‘The Paper Ship‘, romantica e virtuosa opening track in cui esplode un malinconico e rapsodico pianoforte e in cui il gruppo sembra far incontrare i PFM di ‘Storia di un minuto‘ con sonorità più heavy alla Symphony X, procedendo con l’autentica pioggia di metallo dell’agguerrita e rushiana ‘Stain Of Steel‘, con le dissonanze di ‘From Blue To Red‘, con i toni più distesi ma non meno eclettici di ‘Starslave‘, e concludendo con le allucinazioni art-rock floydiane di ‘Dust‘: ‘Hypnerotomachia‘ è un esempio di progressive rock made in Italy con una forte impronta internazionale, quel prog vecchio stile che ci riporta agli anni settanta allo stesso tempo teso a suoni più sporchi e pesanti appartenenti alla scena contemporanea.
Alle redini, la voce di Flavio Stazi a metà tra Geddy Lee e James LaBrie, accattivante e viscerale al punto giusto.
Un buon primo passo per gli emergenti Inior, un lavoro che attinge dal passato per poi mettere in luce una nuova personalità ben decisa ad imporsi. Un progressive che per una volta non si dilunga in brani infiniti ma che esprime la sua essenza in pezzi relativamente brevi e ben concentrati. Visionario, fantastico e misterioso, ‘Hypnerotomachia‘ si pone come una delle vere novità dell’anno scorso, novità forse passata troppo inosservata.
Abbiamo forse di fronte i nuovi portavoce del progressive italiano.
Un disco piacevole e scorrevole che potrebbe interessare anche i non amanti del genere.
Nove capitoli di un’avventura coraggiosa, la ricerca e la conquista di qualcosa di ardentemente desiderato.