Indiviα – Horta
Per comprendere cosa si prova al primo ascolto del secondo album degli Indiviα, “Horta”, è necessario pensare alla definizione della tempesta di sabbia del dizionario Treccani: «Forti venti anticiclonici che sollevano dal suolo grandi quantità di polveri sabbiose, e le trasportano molto in alto disperdendole poi su territori lontani centinaia o migliaia di chilometri».
È precisamente questa la sensazione ed il luogo dove si viene trasportati.
Gli Indiviα sono una band di Padova composta da Andrea Missagia (chitarra), Nathalie Antonello (batteria) e Diego Loreggian (basso).
Eseguono stoner metal dalle tinte doom in cui si avvertono le influenze di Yob, Sleep e Conan. L’album, composto da sei tracce interamente strumentali, è stato pubblicato a fine settembre da Argonauta Records.
“Horta” si apre con ‘Dharma’, in cui ad un buon giro di basso dopo alcuni secondi si aggiungono in sequenza la batteria e la chitarra.
Segue ‘The Green Planet’, brano caratterizzato da un sound abbastanza distorto e certamente più incisivo del precedente nel quale, intorno al terzo minuto, al seguito di una voce registrata, il sound dominato dalla componente doom diviene profondo e lugubre.
Il titolo della terza traccia, ‘Hyperion’, è tratto dall’omonimo romanzo fantascientifico dello scrittore americano Dan Simmons: il sound diventa psichedelico e sembra provenire direttamente dall’etere dell’universo, imprigiona l’ascoltatore dentro turbini frenetici e dirompenti.
Segue ‘Shogun’ il cui ritmo è decisamente segnato dal basso che fa da guida agli altri strumenti nei vari cambi di ritmo.
A chiudere, ‘Ciò Che Tradisce’ e ‘Re-Growth’: nel primo brano ancora il suono deformato del basso continua a farla da padrone e la sonorità si mantiene lineare fino alla sua conclusione; la seconda traccia è un tuffo in una tormenta creata da tutti gli strumenti, tra i quali la batteria, in questa traccia, riesce maggiormente a distinguersi e mantenere un ruolo dominante e trainante.
Se si volesse rappresentare “Horta” con un’immagine non potrebbe essere che quella di una tormenta di sabbia nella quale chi ascolta viene inghiottito in un gorgo assordante e sprofonda in uno stato di confusione e straniamento perdendo felicemente l’orientamento e senso del tempo.