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Indigo Mist – That The Days Go By And Never Come Again

Indigo Mist.
Alias “il trio capitanato da quel trombettista vietnamita di nome Cuong Vu e completato dal bassista Luke Berman e il batterista Ted Poor“.
In questo caso si è aggiunto anche un pianista, l’eclettico Richard Karpen, con il quale la formazione raggiunge la perfezione.

Cupo, scenografico, misterioso.
Il frutto di questa nuova e geniale collaborazione tra colossi internazionali del jazz contemporaneo è così.
Si tratta di jazz all’avanguardia, futuristico, lunatico, attraversato da dissonanze continue, a volte quasi acide.
Il disco passa dalla nebbiosa Indigo Mist, degna colonna sonora di un film noir in bianco e nero, viscerale e penetrante con forti rumorismi qua e là, ai virtuosismi martellanti e sempre un po’ oscuri di Billy, in cui domina il pianoforte di mr. Karpen.
Le tonalità noir jazz accompagnano tutto l’album, dipingono un po’ di nero anche i brani più luminosi come Duke, pezzo swing in cui la tromba e il piano parlano due lingue diverse oppure semplicemente intraprendono due discorsi diversi, l’una affronta temi più allegri e l’altro invece preferisce mantenere toni più rabbiosi per poi invertire i ruoli ancora e ancora, evocando in pieno l’anima tormentata di Duke Ellington.
Il buio avvolge anche la cover di In a Sentimental Mood, tributo a sempre a quel Duke Ellington, e il rifacimento di Lush Life di Billy Strayhorn, degne reinterpretazioni in chiave contemporanea di questi due standard jazz.
Altro ritratto fatto con le note e non con le tempere è quello in onore di Charles Mingus, appunto con il brano Charles che disegna, ricalca perfettamente lo stile e la personalità del “genio arrabbiato”.
Fiore all’occhiello, le finali ed intricate The Electric Mist e Mood Indigo, tracce noise-jazz (non c’è altro termine per definirle) che concludono il disco in un caos completo ma calcolato e preciso al millimetro senza perdere quell’atmosfera un po’ inquietante e tetra propria di questo lavoro.

La Rare Noise Records continua a darci tante soddisfazioni sul fronte jazz, e questo è un altro ottimo esempio: avant-guarde jazz introspettivo e notturno.

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