Hope You’re Fine Blondie – Quasi
È uscito il 4 novembre per Sisma e Dischi Soviet Studio “Quasi”, il nuovo lavoro degli Hope You’re Fine Blondie, al secolo Paolo Forte (chitarra e voce), Luca Ramon (batteria e cori) e Nicola Gubernale (basso).
Questo è il terzo album per la band ed è stato registrato tra gennaio e aprile 2016 dallo stesso gruppo nella loro sala prove prima di passare nelle mani di Davide Dall’Acqua (che accompagna il gruppo fin dagli esordi) e di Tommaso Mantelli che si sono occupati di limarne ogni dettaglio.
Nei 10 brani che compongono il disco, il messaggio degli Hope You’re Fine Blondie è solo uno:
«Rivendicare quella frustrazione ed impotenza che attanagliano le menti più sensibili in tempi cupi e pregni di un pressapochismo che non lascia, “Quasi”, via di scampo.
È palese affermare quanto l’uomo stia regredendo, diventando quindi un quasi-uomo con delle quasi-idee a vivere delle quasi-vite in un mondo che, a causa nostra, sta diventando “Quasi” pure lui. Meditiamo».
Parte forte questo “Quasi“, con ‘Irene‘ che si mostra come un brano carico di energia che ammicca alla migliore tradizione alternative-rock della musica anni ’90: con questo pezzo la band fin da subito fa capire qual sarà la direzione che prenderà l’ascolto.
La musica dei Hope You’re Fine Blondie si presenta ruvida ed essenziale, senza troppe patinature, in cui la voce roca e spezzata del cantante si inserisce tra riff di chitarra e stacchi di batteria rimanendo sempre leggermente indietro sul tempo, in maniera da valorizzare sia la melodia che il ritmo che il cantato.
Si prosegue con ‘Quasi‘, pezzo dal quale prende nome il disco: una ninna nanna arrabbiata in cui la melodia dalle vaghe reminiscenze surf-rock contrasta con il testo cupo («dormi dormi bel bambino che l’inferno è qui vicino, chiama pure la tua mamma, la tua paura è la mia condanna») nel quale il cantante proietta le sue paure sulle debolezze di un piccolo essere umano. Nella seconda parte della canzona la melodia cambia diventando più grunge – «quasi quasi io preferisco il buio» urla la voce, facendo diventare il tutto (se possibile) ancor più cupo e disperato.
Non so se questo voglia essere un complimento o meno agli Hope You’re Fine Blondie, ma in ‘Agave‘ si sentono a mio avviso un pò dei primi Litfiba, con giri di basso ammiccanti alla new wave.
Sicuramente questo è il brano più diritto e incisivo del disco, in cui l’apertura delle chitarre fa pensare a quei momenti durante i live in cui tutti saltano e muovono la testa.
‘La tua Collera‘ è il brano di rottura che segna anche, se vogliamo, la divisione tra due parti del disco: l’uso della tastiera dà l’idea del brano melodico supportato da un cantato più pulito, pieno e meno graffiante.
Dicevamo un disco diviso in due parti: la seconda parte inizia con ‘Il Verme‘, una composizione musicale dritta e scarna che potrebbe stare in piedi anche senza il cantato, qui ridotto veramente all’osso.
L’abbandono delle atmosfere grunge della prima parte del disco diventa definitivo in ‘I Matti Non Invecchiano‘, brano completamente strumentale in cui riff math-rock rendono il suono più acido e spigoloso (sicuramente il pezzo che più viene incontro alle mie attitudini).
Con ‘Non Chiedo Scusa Mai a Nessuno‘ si assiste all’ennesimo cambio di rotta: la navigazione diventa confusa, alternando momenti melodici con cantati più delicati e vocalmente pieni ad attacchi sonori schizofrenici accompagnati dalla solita voce roca e graffiante.
La melodia anticipata in alcune parti di ‘Non chiedo scusa a nessuno‘ si manifesta più linearmente nell’inizio di ‘Cara mia lei‘, dove anche l’accompagnamento musicale diventa più simile ad una ballad anni ’90.
Se c’eravamo adagiati sognanti sulle note di una sognante ballata, l’inizio di “Grand Guignol” ci riporta subito alla ruvidezza iniziale del disco, con una intro segnata da ritmi monotoni e un tentativo di strizzare l’occhio al noise.
‘Nel Grembo‘ è l’ultima traccia del disco ed inizia quasi come favola del male in cui Paolo Forte urla al mondo il suo totale disappunto.
“Quasi” è un album pulito ed energico, senza patinature e che contiene al suo interno sia brani di un certo spessore (che convincono) ed altri che piacciono meno ma mettono in luce il potenziale della band.
Ne sono esempio quei passaggi in cui gli Hope You’re Fine Blondie escono dal loro terreno sicuro e si affacciano alla sperimentazione.
Una menzione particolare va ai testi e alla timbrica del cantante, che sarei curiosa di ascoltare in un cantato meno allungato.