Gouton Rouge – Giungla
«Nella giungla dovrai stare finché un 5 o un 8 non compare»: un evidente omaggio al capolavoro di Joe Johnston, “Jumanji” (1995) presente in “Giungla“, il secondo album dei giovanissimi Gouton Rouge.
“Giungla” è la presa di coscienza delle nostre paure che non per forza corrisponde alla totale arresa: «Sei doppia e davanti a me, lasciamo che diventiamo demoni, facciamo che ci bendiamo gli occhi. Ricordo che siam finiti in un taxi. Ho perso ogni via d’uscita, sono tornato blu. Hai perso interesse nel spiegarmi che stavi andando giù. Diventiamo ombre».
Ascolto il disco almeno un centinaio di volte prima di convincermi completamente di non avere in cuffia i Soviet Soviet, giusto il tempo di perdersi in questo shoegaze di prima qualità.
Più intenso del precedente lavoro in studio, “Carne” (2014), il freschissimo album dei Gouton Rouge è la testimonianza sonora di una crescita musicale su due fronti: tematiche e composizione.
Il primo estratto, ‘Giungla‘, viene preceduto da una traccia vecchio stile: parlo di ‘11-18‘ e del suo aspetto ritmico, per molti versi più vicino al primo disco e agli interessantissimi Jennifer Gentle.
Termina il brano ed ecco che arrivano i già citati Soviet Soviet, addolciti da una voce più “giovane” ma in grado però di imporsi, soprattutto grazie agli “urlanti” ritornelli.
‘Gabbiano in Giungla‘, traccia sostenuta e con le idee ben chiare prepara il campo a ‘Surf‘: forse il punto di minimo del disco che fortunatamente riprende quota nel finale con ‘Ogni domani‘.
Ascoltando questo secondo disco dei Gouton Rouge si percepisce una sorta di crescita: il disco è decisamente variegato dal punto di vista compositivo, che utilizza però più o meno lo stesso suono con influenze ben definite.
Semplice ed efficace in termini di espressività, ingarbugliati a volontà dal punto di vista tecnico.