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Foja - 'O treno che va

Foja – ‘O treno che va


«chi parte sa da che cosa , ma non sa cosa cerca…»

«lo conosci pure tu a Lello?»

Un odore di Genovese che entra dalla finestra, col sole già alto, le urla dei bambini e il rumore dei motorini che passano sotto casa. Ci si alza con un mezzo sorriso stampato in faccia. Anche se è Dicembre la temperatura è alta e si può scendere a fare due passi fino alla stazione per prendere questo treno che va.

Nelle cuffie c’è l’album dei Foja “‘O treno che va” che suona come un viaggio, ma più che su rotaia ci si muove per le strade del centro storico, perché la vera protagonista di questi 14 brani, è la città di Napoli.
Come in ‘Dummeneca’, a mio parere il punto più alto di tutto il disco, dove melodia e immagini raccontate vivono in perfetto equilibrio e la voce di Dario Sansone appare particolarmente ispirata.
Di questi vicoli ci vengono raccontati anche alcuni personaggi, come Gennaro, Sofia e Nina.
In ‘Gennaro è fetente’ troviamo la partecipazione di Edoardo Bennato che con la sua armonica strizza l’occhio a certi brani di Pino Daniele.

Ci si muove canzone dopo canzone, binario dopo binario all’interno di quella varia umanità che circonda i Foja, una delle realtà musicali più consolidate del Newpolitan rock, nonché band di punta della Full Heads, etichetta in prima linea nella città partenopea nel lanciare molti dei nuovi nomi in circolazione di cui i la band di Dario Sansone è ormai capofila. I Foja infatti rappresentano l’anello di congiunzione tra la musica degli anni ’90, che va dai 99 Posse agli Almamegretta, con quella del nuovo millennio.

Il terzo album della band napoletana è un lavoro in cui si cerca di trovare la miscela giusta tra rock e tradizione, come nella prima traccia del disco ‘Cagnasse tutto’, brano che ha dato anche il titolo ad uno storico concerto in cui per la prima volta una band rock si è esibita al teatro San Carlo di Napoli lo scorso 27 Giugno con la regia di Franco Dragone.

“‘O treno che va” è un disco ad intermittenza, un po’ come il wifi sui Freccia Rossa, alterna accelerate e sospiri, è fatto di pezzi dal tiro molto rock e ballate, di testi che cercano una redenzione dalla realtà circostante, perché Napoli oltre ad una madre confortante a tratti sembra anche un destino ineluttabile. Brani come ‘Nina e o cielo’o ‘Famme partì’ ci parlano di un legame a volte troppo stretto con quelle strade fatte di voci e risate, ma anche di lacrime e di rabbia.

Il passaggio migliore del disco viene sicuramente con l’accoppiata ‘Famme partì’ e ‘Dummeneca’, nel primo dei due brani troviamo anche la partecipazione di Daniele Sepe, vero e proprio regista della nuova scena napoletana. Un’ottima istantanea di questa vitalità musicale è data proprio dal disco di Sepe, “Capitan Capitone”, che vedeva tra le collaborazioni anche i Foja, i quali hanno ampiamente ricambiato l’ospitalità facendo mettere a Sepe i fiati anche in ‘Buongiorno Sofia’.

Gli ospiti di rilievo però non finiscono qui, dal momento che in ‘Aria e mare’ troviamo anche gli assoli di Ghigo Renzulli, storica metà dei Litfiba.

Le influenze che si respirano in questo viaggio musicale spaziano dagli “Showmen” di James Senese fino a Pino Daniele, passando per il rock acustico e più cantautoriale dell’ultimo Di Bella. I testi di Dario Sansone, sorretti dagli arrangiamenti di Daniele Chessa e dell’insostituibile Luigi Scialdone, danno corpo ad un disco che alterna registri di rock melodico e ballate quasi recitate.
Dopo i primi ascolti molti brani restano attaccati addosso, come il famoso odore di genovese di ‘Dummeneca’, tanto da stuzzicare la curiosità di vederli suonati dal vivo, dove la band che vede alle chitarre oltre a Dario anche Ennio Frongillo, Giuliano Falcone al basso e Giovanni Schiattarella alla batteria, trova la sua dimensione ideale.

La strada dai quartieri spagnoli fino a Piazza Garibaldi passa per Piazza San Domenico e Spaccanapoli, in mezzo ci sono mille strade, mille volti e altrettante storie. Durante i giorni di Natale percorrere questi pochi chilometri richiede molto più tempo del normale a causa delle migliaia di turisti che affollano quei vicoli raccontati nel disco. Il terzo album dei Foja, porta dentro tutte le persone che si incontrano durante questo lungo tragitto e tutti i pensieri che si possono fare camminando per quelle strade. “‘O treno che va” è una discesa verso la stazione centrale, andando incontro ad un viaggio per una meta ancora sconosciuta, lasciandosi dietro la propria città senza per questo voler dimenticare le proprie radici e l’identità musicale che ha contribuito a far crescere questa band.

Musicalmente questo lavoro assomiglia più a “Dimane Torna ‘o sole” che a “Na storia nova”, e forse questo potrebbe esserne il punto debole in quanto meno discontinuo nella produzione artistica della band. Nel complesso anche con qualche brano in meno il ritmo del disco ne avrebbe giovato senza intaccarne il risultato. Ogni brano è un binario, ogni canzone è una partenza.
È un disco fatto di domande più che di risposte, la più importante di tutte è : dove porterà questo treno, sarà un viaggio regionale o il newpolitan riuscirà a diventare un treno nazionale?

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