Dade City Days – VHS
Al di là del velo di Maya che ci auto-imponiamo esiste un mondo. Un mondo costellato di giovani musicisti ispiratissimi. Non sto parlando di scena londinese, né –tanto meno- di quella fabbrica di feedback di nome Seattle. No. Sto parlando di Bologna.
Perché, al contrario di quel che le gente possa pensare, anche qui in Italia si produce musica interessante.
Ovviamente non è nulla che troverete in una top ten FIMI: del fatto che le vendite non siano sinonimo di qualità e innovazione ce ne siamo fatti, ahimé, una ragione.
Loro sono i Dade City Days, band che mischia con disarmante naturalezza shoegaze, psichedelia e dream pop. Avete capito: tastiere, atmosfere oniriche, voci sognanti che si intrecciano (Andy Narsh e Gea Birkin, per la precisione) e ritmi al rallentatore alternati a delle vere e proprie cavalcate esplosive (Michele Testi).
“VHS” è il loro primo album (per l’etichetta Swiss Dark Nights).
Il rischio di produrre dei surrogati di vecchie glorie (My Bloody Valentine, Mercury Rev, Jesus And Mary Chain e via discorrendo) è sempre presente quando si mette mano su un genere di cui si è praticamente detto tutto e che, a parte qualche spunto revivalista nell’ultimo decennio, non accenna a rinnovarsi. Chiusa questa premessa, “VHS” è quanto di meglio ci si possa aspettare da ragazzi che, consapevoli dell’eredità artistica lasciata da simili “giganti”, decidono di imboccare una strada differente, denotata da una certa personalità compositiva (pur citando, inevitabilmente, i mostri sacri)
Quindi com’è “VHS”? Semplicemente bello, freschissimo, ricco di spunti. “VHS” è ‘Jukai’, prima traccia dell’album, caratterizzata da distorsioni e voce sovrastata dalla cacofonia onirica di synth e chitarre; “VHS” è ‘Siderofobia’ e il suo ritornello killer; “VHS” è Luna Park e il suo “rallenty” di batteria e le sue atmosfere contemplative; “VHS” è il pop di ‘Dade City Days’ e i climax di ‘Lurex’; “VHS” sono i suoi testi, ispirati ai deliri dei Pink Floyd “fase Barrett”.
Un consiglio spassionato: ascoltatevelo. Per una band che ha suonato con gente come The Raveonettes e Soft Moon e ha vantato numerose collaborazioni (si veda il documentario “La Linea Gialla- Bologna, 2 agosto”), un po’ di fiducia è quanto meno doverosa.