Dada Circus – Il lato del cerchio
I Dada Circus, alla loro seconda fatica con “Il lato del cerchio“, si ripresentano dopo tre anni sulla scena musicale italiana con un sound sicuramente d’impatto, che però non porta quella che si può definire una ventata d’aria fresca.
Ma procediamo con ordine.
L’album si apre con la traccia ‘L’albatros‘, che costituisce un virgolettato ingresso allo stile di questa band che si accosta molto ad un tipo di ska tutto italiano (grazie soprattutto ad un sapiente uso della tromba che accompagnerà ogni canzone donando un’atmosfera a tratti noir).
La prima strofa della canzone d’apertura sembra contenere una sorta di avviso all’ascoltatore: «Non fare caso a questa assurda struttura di canzoni».
Questa frase in parte anticipa quello che forse è il punto debole di questa produzione: una mancanza di continuità, di omogeneità fra i vari pezzi che diano un’idea del lavoro completo.
Si spazia da brani maggiormente impegnati dal punto di vista del contenuto (come ad esempio ‘Avere trent’anni‘) a brani di stampo più leggero, una su tutti la rivisitazione in chiave laziale del noto show televisivo degli anni ’90 Beverly Hills 90210, nel brano ‘Fregene 90210‘ in cui un viene descritto l’improbabile approccio eccessivamente elegante di un ragazzo nei confronti di una ragazza sboccata, stereotipo della coatta del litorale.
Se dal punto di vista dei contenuti si nota una sostanziale alternanza fra un brano e l’altro, si può dire che l’elemento che più di altri fa da collante a questo lavoro dei Dada Circus è il sound della band.
Per quanto non si possa di certo definirlo uno stile visionario o estremamente innovativo, possiede innegabilmente un carattere del tutto suo che permette di creare una potente alchimia fra la sezione strumentale e la grinta energica della voce di Samuele Pasquali.
Probabilmente “grinta” è la parola che più di altre mi porta a descrivere questo album, dove non mancano esperimenti e interessanti strizzate d’occhio a generi leggermente più distanti (più di altre ‘Prossimo tango‘).
I momenti emozionali sono affidati a ‘Per le vie della seta‘ ed ‘Estatica‘, anche se, aldilà delle diverse tematiche affrontate, ciò che colpisce con i Dada Circus è l’uso di un registro discretamente elevato, una cura nella scelta delle parole che sembra essere il vero fiore all’occhiello dell’aspetto compositivo di praticamente tutti i brani, parliamoci chiaro: non capita tutti i giorni di trovare in un testo la parola “inopinatamente”!
Con quest’opera che si risolve in una serie di sguardi in molteplici direzioni, spesso verso immagini che sembrano immortalare delle suggestioni allo stato puro, i Dada Circus aggiungono un tassello importante alla loro carriera che per decollare del tutto ha forse bisogno di distaccarsi dalle influenze di artisti che fanno di certo parte della loro formazione, ma dei quali dovrebbero forse lasciare la mano e azzardarsi in lidi più inesplorati per trovare la loro dimensione congeniale.