CRNG – Qualcosa a cui credere
“Qualcosa a cui credere” è il secondo album dei CRNG, giovane band fiorentina che proprio un anno fa aveva esordito col suo primo album (“542 giorni”), le cui influenze e il cui prodotto ben si inseriscono in quell’alternative rock che caratterizza il contesto indipendente italiano degli ultimi anni.
Si tratta di un disco che, sin dal primo ascolto, si profila come intimamente sentito e voluto, un vero e proprio sfogo musicale di chi vive e si scontra con la propria realtà, spesso caratterizzata dall’assenza di qualsiasi prospettiva o punto di fuga.
Il grave pianoforte della title track ci introduce subito all’atmosfera generale dell’album: si tratta, senza mezzi termini, dell’urlo disperato di una generazione cui il futuro sembra esser stato negato, cui mancano le certezze; una generazione che è ancora mossa dalla speranza, che da una realtà così opprimente vorrebbe solo «qualcosa a cui credere».
I CRNG danno voce a chi la voce non l’ha più, persa nella lotta quotidiana contro tutto e tutti, contro sé stessi, a chiunque si «sforzi di riuscire», ma che trova l’inevitabile ostacolo in un mondo che ha da offrire solo «terra bruciata».
Il vero fil rouge di questo lavoro è un generale senso di malessere che chi ha venti o trent’anni conosce bene: il guardare ad un orizzonte sfocato e non riuscire ad intravedere nulla; la totale mancanza di possibilità, quasi le proprie gambe fossero sempre state tagliate.
È il vedersi giovani, come in ‘Inetto’, e scoprire di non credere nel futuro («avevi 18 anni già e non credevi nel progresso, pesava troppo la tua età»).
Si parla di un futuro che non c’è e che, nella sua mancanza, riesce ad inquinare ogni aspetto della vita, che porta quasi a preferire l’essere scoraggiati all’ormai troppo pesante stanchezza della speranza («brutta bestia è la speranza, specchi e allodole»).
Tutto si chiude lasciandoci intravedere, appunto, quella speranza che non morirà mai, che continuerà a stancarci e dalla quale continueremo a farci stancare, perché avremo ancora «voglia di scoprire se è vero che il mondo non ti dice no».
Si sente che i CRNG ci sanno fare, sia musicalmente che testualmente: chitarre forti, con riff energici, un basso spesso martellante (come in ‘Tarantola‘); delle melodie di non poco conto, accompagnate da una giovane voce grintosa, che sa cosa e come lo deve dire.
Si tratta, senza dubbio, di un disco di qualità; tuttavia, è come se qualcosa non tornasse, come se mancasse qualcosa. Forse proprio il volersi inserire all’interno di quel già menzionato contesto indipendente, ormai saturo di lavori simili a questo, va a penalizzare non poco il disco, che tuttavia ha il merito di differenziarsi da molti altre produzioni più ‘amatoriali’, per così dire, proprio per la sua qualità.