Crisina Donà – Così Vicini
Ascoltare il nuovo album di Cristina Donà è come riprendere contatto con un’amica che non abbiamo mai veramente perso di vista.
Questo sentimento è ancora più tangibile con Così vicini, l’ultimo lavoro, apertamente raccolto ed intimista che vede proseguire la collaborazione con il maestro Saverio Lanza, riprendendo così un percorso intrapreso con il precedente Torno a casa a piedi (2011).
L’episodio mi aveva lasciato abbastanza perplesso, tanto che all’epoca avevo fantasticato abbastanza sulla scelta di Cristina di affidarsi in toto ad un arrangiatore: sarà stato per un atto di pigrizia creativa?
O forse per il desiderio di compiacere qualcuno, piuttosto che di una reale esigenza artistica?
Torno a casa a piedi l’avevo avvertito come un passo indietro nell’avvincente percorso creativo nato con Tregua (Mescal, 1997) per arrivare a raggiungere nel tempo mete siderali con l’importante La Quinta Stagione (EMI, 2007), che nonostante il velato manierismo è stato in grado di mettere in luce il talento di uno dei più preziosi tesori nazionali facendolo scintillare all’apice del suo potenziale creativo, lirico ed artistico.
Cristina Donà si è rivelata una cantante estremamente dotata, talentuosa ma anche molto combattiva e ambiziosa, che nonostante sacrifici ed impegno ha mancato di sfondare “il muro del suono” non riuscendo a raggiungere l’iperuranio delle “star” italiane.
In tempi di videosalotti e reality-show è quasi una fortuna: le stelle più verosimili sono quelle del brodo, e volente o nolente Cristina Donà è riuscita a preservare una dignità artistica attraverso la scelta di produttori e collaboratori di primissimo livello, rioconosciuti anche a livello internazionale.
Per questo motivo mi sono sempre aspettato in ogni album che veniva pubblicato un Brian Ahern ai fornelli, un Nigel Godrich dietro qualche elaborata consolle, o un rodatissimo Guido Guglielminetti.
Sapere confermato il blasonatissimo produttore degli episodi più insipidi e radiofonici di Bugo mi aveva un po’ amareggiato.
Ogni dubbio sulla validità di Così Vicini è stato poi fugato dall’ascolto dell’omonimo singolo, promosso dal suggestivo e morbido video di Giacomo Triglia.
Tutto nella nuova canzone di Cristina Donà è a fuoco.
La linea vocale precisa e sottile arriva a confrontarsi con una maturità mai raggiunta prima. La melodia minimale e struggente evoca la manifestazione di un classico, come se Cristina si confrontasse direttamente con un’antologia del rock sbirciando tra Led Zeppelin, il primo Elton John e la Premiata Forneria Marconi.
Placata l’energia pop rock l’interpretazione si sublima in un brano che fa breccia nel cuore, scoccato da un archetipo indefinito lontano nel tempo.
Vivere è più semplice con gli occhi chiusi, si accorciano le distanze di un’eterna ragazza che dialoga più con se stessa che con un moderno Odisseo, volgendosi al passato con orgoglio e tenera disillusione, dissolvendo con dolcezza il timore di ogni futuro naufragio, quietando tempeste lontane.
I suoni del brano riescono ai mantenere un buon equilibrio tra l’espressività di un live e l’eccellenza di una produzione in studio, con suoni stereofonici e altalenanti fraseggi di piano in stile anni ’70.
A colpire è la precisione dei cori, che raggiungono l’apice della stucchevolezza alla fine del primo ritornello, quando il suono di una campanella sembra riportare la narratrice alla realtà dopo il rapimento di una sogno, o una fantasia. Il vero valore aggiunto di Saverio Lanza va colto però nella partecipazione alla scrittura del testo. Il tocco di raffinato e classico nelle liriche è in grado di trasformare Così Vicini in una vera canzone d’autore da antologia della Musica Italiana.
Il senso delle cose innesca un sinergico intreccio di chitarre e compie un piccolo passo indietro rispetto all’incipit, voltandosi a seguire coordinate supercollaudate su un loop di batterie veramente dozzinale. Propone alcune interessanti variazioni melodiche e trova la sua dimensione in un abbraccio di pennate acustiche e avvolgenti con sottili disegni dei cori che nell’arrangiamento potrebbero richiamare Between a Man and a Woman della collega Kate Bush o un McCartiano We Got Married.
Corri da me è un altro dignitoso “classico alla Donà”.
L’incipit riprende l’idea di un coro sincopato sulle orme della beatlesiana “Girls” (ma penso anche a “Spooky Girlfriend” di Elvis Costello) per cedere il passo ad un basso incalzante che, battuta dopo battuta, scandisce una maratona cosmica volta a recuperare ancora una volta distanze impossibili, lottando contro l’influenza delle stesse azioni dei rimpiattini dell’amore.
Il brano mette in luce pregi e difetti di Cristina come cantautrice, con una scrittrice che preferisce spostare i pesi della bilancia su una scrittura che valorizzi i suoni del brano sacrificando una maggiore cura per le liriche.
Ne risultano alcuni sgradevoli scivoloni in affrettate forzature che faticano a trovare posto nel puzzle astrale composto all’inizio del brano.
Parliamo di casuali riferimenti ad improvvisi caffè e inconsapevoli ridondanze che muoiono tra le viole.
[blockquote style=”1″]Non lo vuoi un caffè? Fuori c’è freddo e troppo rumore. Chiamami se ti arrendi, rimane pochissimo tempo per dirmelo.[/blockquote]
Uno degli aspetti più appaganti dei live di Cristina Donà è però costituito dal suo modo carismatico e assime confidenziale di aprirsi al pubblico, condividendo con gli spettatori segreti e bizzarrie che hanno portato alla scrittura delle sue canzoni, ed è vero che partecipare ad un suo concerto molto spesso fa brillare di nuova luce ogni canzone.
La Fame (di te) è la Dove Sei Tu della situazione, e forse il brano dell’album che riesce a far spiccare di più le doti vocali e il comprovato gusto melodico della raffinata cantante. Il finale del brano è sospeso tra la potenza espressiva di Jeff Buckley e il virtuosismo di My Brightest Diamond, confermando Cristina Donà tra le migliori interpreti di musica indipendente sul panorama internazionale.
L’arrangiamento di Perpendicolare cerca un approccio approssimativo alla deframentazione holofonica del Cornelius di Point Of View Point mentre Imprevedibile non stupisce ma conquista con le sue mutazioni alla Thom Yorke.
Ma è L’Infinito Nella Testa la vera perla dell’album, un caleidoscopio di sfumature e colori pop che vede Cristina Donà attraversare come una rondine ogni variazione di registro in suo possesso.
L’arrangiamento non manca di rapire l’ascoltatore in una perpetua evoluzione di un brano ispirato, attento, cangiante, segnando come un fuoco d’artificio il momento più alto dell’album assieme alla title track.
L’ultimo regalo della Donà è Senza Parole.
La traccia accompagna gentilmente l’ascoltatore alla fine di un viaggio che, non scevro di qualche ingenuità, colpisce per una sincerità espressiva che può catturare e commuovere.
Proprio come le confidenze di una vecchia amica, amica che continua a viaggiare ma non abbiamo mai veramente perso di vista.
È un piacere averla di nuovo (e sentirla) così vicina.
Bentornata Cristina.