Colapesce – Infedele
Ho fatto come volevo, erano strade diroccate e va bene…
“Infedele” è il terzo album di Lorenzo Urciullo ed arriva a due anni dall’ultimo lavoro, “Egomostro”.
In questo terzo album Colapesce, in perfetta sintonia con il titolo, non segue nessuna strada prestabilita, a tratti quasi come un eretico rispetto a ciò che ci si aspetterebbe dal suo percorso esplora sentieri sonori e soluzioni musicali che fino ad ora nei suoi lavori avevano trovato poco spazio. Prima di tutto la chitarra scompare gradualmente per lasciare spazio ai sintetizzatori e all’elettronica. Segno tangibile di questa transizione è la collaborazione con Iosonouncane.
‘Pantalica’, la prima traccia del disco, infatti sembra quasi una costola di “DIE” per l’impalcatura sonora. Un brano che rievoca la Sicilia più ancestrale, quella della necropoli in provincia di Siracusa, e come una sonorizzazione del mito della caverna questo brano rievoca il fuoco acceso al riparo dal mondo esterno: «la notte non mi aspetta, si porta avanti il lavoro e succhio un’altra tetta e sullo sfondo un coro».
Si viaggia per immagini antiche e la musica è perfettamente in linea col pensiero
‘Ti attraverso’, il singolo che ha anticipato l’album, ci porta in un’epoca totalmente diversa, i riferimenti sono al pop più raffinato venuto fuori dagli anni Ottanta.
Il ritmo è molto più aperto e tendente alla luminosità.
Un brano che colpisce e cattura già al primo ascolto grazie al ritornello che, come d’abitudine di Lorenzo, gioca con le parole.
Anche in questo brano troviamo il riferimento alla Sicilia come radice musicale segnante.
Sullo stesso piano l’album prosegue con ‘Totale’, il secondo singolo estratto per anticipare il disco. Il testo come al solito nei lavori di Colapesce è un labirinto di immagini e apparenti controsensi. Un inno ad una certa superficialità, quasi ad un edonismo raeganiano, un concetto totale che nasconde il vuoto, o come lo definirebbero i Baustelle “il nulla”.
Ce ne accorgiamo in un centro commerciale o esaurita l’euforia per un nuovo paio di scarpe.
Una eterna corsa per star meglio, per essere più belli o più felici degli altri, ma per cosa?
Quando la corsa si esaurisce emerge la fatica e quella che credevamo soddisfazione diviene frustrazione.
Forse è questo senso di vuoto l’unico stato d’animo totale per davvero, e molti lo combattono con la superficialità che potrebbe indurre una musica dalle sfumature pop.
‘Vasco de Gama’ si apre con un suono d’arpa, altro eco di tempi lontani, di ambientazioni altre.
Il viaggio non è solo quello fisico, quello di antichi mercanti che commerciavano spezie, il viaggio vero è quello nelle persone, quelle sì veri e propri continenti inesplorati.
Una sorta di gancio con il ritornello di ‘Ti attraverso’ ma senza quel ritmo incalzante: qui i silenzi sono alternati alle parole ed agli arpeggi di chitarre classiche.
A volte invece di attraversare le persone, semplicemente le si può circumnavigare come Vasco de Gama fece con l’Africa.
È una questione di prospettive, di aprire strade che non pensavamo percorribili, anche musicalmente.
Menzione speciale per il fischio presente nel brano, tocco di classe.
‘Decadenza e Panna’ prosegue il gioco dei contrasti, il gioco di parole e i testi che provocano sottovoce. Decadenza e Anna, che fa capolino a fine canzone.
Una canzone voce e chitarra che ricorda un po’ il meraviglioso declino che ci ha fatto conoscere Lorenzo.
Un momento per riprendere fiato, con un arrangiamento essenziale.
Come essere nella stanza vuota di una casa dove danno una festa e cantare pensando a quella persona speciale che magari si sta divertendo con altri nel salone principale.
Questa canzone è proprio questo, e credo che ognuno di noi sappia di che sto parlando.
‘Maometto’ rialza il ritmo, con una batteria elettronica e una serie di sincretismi sociali e religiosi sciorinati nelle liriche in cui si ipotizza la genesi del profeta sotto la Madunina.
Una serie di luoghi comuni che non assolve nessuno e mischia tutto nello shaker dell’odierna società capace di prendere e vendere tutto, come fosse un magnetino con la torre di Pisa o con l’infradito a rappresentare una qualsiasi località di mare.
‘Compleanno’ è il brano più dance-oriented del disco.
Il ritmo della batteria elettronica è la vera colonna portante della canzone dove la musica ha molto più spazio della parole.
Come entrare in un tunnel che sbuca direttamente dall’altra parte di noi stessi.
Un viaggio elettronico che finisce davanti ad uno specchio, come molti compleanni passati a rimuginare sul tempo passato, spesso senza concludere granché.
Poi, sul più bello, il disco finisce.
‘Sospesi’, l’ultimo brano dell’album, racconta di pause che vorremmo prenderci, del tempo libero tanto agognato passando a scrivere.
Quel tempo libero a cui pensiamo durante tutto il tempo in cui non riusciamo a liberarci dagli impegni per fare ciò che ci fa stare bene.
Quel tempo che passiamo indaffarati ma pensando alle persone che ci stanno a cuore ma che per altri impegni sono lontane, quel tempo, insomma, che passiamo sospesi.
Rispetto ai dischi precedenti questo album è più breve, compresso.
In otto brani viene condensato un caleidoscopio musicale che lascia molto spazio all’elettronica e ad un suono più complesso.
La brevità è probabilmente il vero segno di maturità di Colapesce.
All’album hanno partecipato anche Fabio Rondanini, attualmente in forza tra gli altri agli Afterhours, Gaetano Santoro al sax, e molti musicisti della scena indipendente italiana (Any Other, e Verano), mentre Giacomo Fiorenza e Andrea Suriani hanno rispettivamente mixato e masterizzato tutto nel loro Alpha Dept. Studio.
“Infedele” è un disco che rispecchia il suo titolo, si muove attraverso alcuni punti cardinali come la Sicilia, l’incomunicabilità e una certa superficialità che viviamo in questi anni.
Tutto questo viene messo in un concentrato musicale capace di spaziare dall’elettronica alle ballate acustiche in soli otto brani.
Le collaborazioni hanno aumentato lo spessore artistico ma alla distanza l’identità di Colapesce esce fuori senza perdere colpi, semmai arricchendo la tavolozza per restituire, come è già capitato in passato, un racconto scritto non soltanto per sé ma anche per molti che lo ascoltano ormai da tempo.