Coco Hames – Coco Hames
Il debutto solista della statunitense Coco Hames, già leader della band The Ettes, è un interessante esercizio di stile in cui l’artista cerca di mettere in campo tutte le esperienze accumulate nell’arco della sua precedente carriera.
Nell’omonim0 album, uscito il 31 marzo per l’etichetta Merge Records, convivono stili e ispirazioni diversi: il lato romantico e country si sposa con una spiccata vena pop; nonostante ciò non mancano brani dalle sonorità più opache, che comunque non rinunciano a melodie orecchiabili e affascinanti. Il tutto però risulta sfocato e fiacco, privo di una vera e propria originalità, e la sensazione che ci rimane dopo l’ascolto è di un prodotto che si spiega in maniera fin troppo didascalica, che rinuncia alla fascinazione a al mistero del non detto.
I brani di cui “Coco Hames” si compone sono dieci: tutti ruotano intorno a tematiche più o meno autobiografiche, sentimentali, costruendo un universo di significati deliziosamente intimo: amori perduti o desiderati, sogni e speranze nutriti con cura, nostalgia del passato e della propria casa.
In alcuni brani, come ad esempio ‘Tennessee Hollow’, risulta lampante l’influenza del country e del blues – quest’ultimo più per lo stile che per le tematiche trattate -, grazie a una metrica fortemente accentata e riconoscibile, uno stile vocale lineare e pulito, atmosfere languide e delicate.
In altri brani invece Coco Hames cerca di far emergere la sua vena rock: un pezzo come ‘I Don’t Wanna Go’ fa sfoggio di una ritmica più incalzante e uno stile leggermente meno edulcorato, riportando alla luce per quanto possibile lo stile grunge con cui l’artista aveva ben familiarizzato durante i lunghi anni con le The Ettes.
In ‘I Do Love You’, invece, succede qualcosa di ancora diverso: la sezione ritmica guida il brano, conferendogli l’intensità che manca ad altri pezzi, ma la cantante non abbandona assolutamente il pop a cui sembra inscindibilmente legata in questo suo nuovo progetto musicale.
Il risultato è un incrocio, pericoloso per quanto, in certa misura, intrigante, tra il grunge elegante dei Blondie e il pop sentimentale e commerciale degli Abba.
“Coco Hames” come disco non è un prodotto malvagio, ma è tutto sommato insipido. Attira su di sè l’attenzione con uno stile lascivo ma in qualche modo ambiguo, fortemente impregnato di una retorica che esalta il protagonismo sfrenato della cantante, dando spesso l’impressione che la band debba suonare in maniera sommessa per non rubare la scena alla vera protagonista del disco: la figura – non la voce, che resta abbastanza anonima, degna nè di infamia nè di lode – di Coco Hames.