Casablanca – Casablanca
Che cos’è un ricordo?
Un’alchimia di neuroni e stimoli che riporta il passato nel presente o solo una manciata di note, una chitarra, e il lavoro di una mente nostalgica?
Se “Casablanca“, l’ultimo, eponimo, album dei Casablanca, fosse un singolo e se le uniche canzoni fossero le migliori di questo album (‘Il cielo delle sei‘ e ‘Radio sputa‘), la recensione potrebbe fermarsi qui. E saremmo pronti ad alzarci ed acclamare una rivelazione.
L’album dei Casablanca, invece, ha altre nove tracce che si distinguono a mala pena l’una dall’altra. Avere uno stile – o attingere a piene mani da quello degli Afterhours – va bene. Mantenere la linea come in parata, no. “Casablanca” può contare su una bella voce, un sound fluido, accordi agili, chitarre potenti e ritmica coinvolgente, con un basso che entra grintoso e cattivo subito dal primo pezzo, ‘Gelido‘. Ma anche con queste premesse “Casablanca“non è né originale né vario. Per dirne una: non c’è un verso capace di rimanere in testa. Gli Afterhours, alla fine, sono passati da scatarrare a Sanremo, dove sono finiti anche Renga e Omar Pedrini – e dire che una volta erano i Timoria!
‘Il cielo delle sei‘, traccia numero due, è il contrario di tutto questo.
Giù il cappello.
I Casablanca cambiano registro. Piano-forte-piano-forte come da lezione hard rock, lezione sì, ma fatta gloriosamente propria. Vecchia di vent’anni ma nuova nuova allo stesso tempo. Magia. Un tema che varia e incanta. Da strada e poi da sogno, e poi di nuovo in strada. Ricordi, tanti ricordi che spiazzano. Il cielo delle sei è quello degli aperitivi in centro? O sono le sei di mattina dopo una notte tra deliziosi tormenti?
La seconda, credo. In questa traccia i Casablanca fanno convivere «Ho una scusa per volare via / tra gli orizzonti in naftalina» e «Faccio a pezzi il tuo DJ». E ci riescono!
Qua la lezione è dei Diaframma – alcuni tratti di “Casablanca” in effetti ricordano un po’ “Siberia” – ma forse è un paragone spinto troppo in là. Merita di finire negli iPod anche ‘Radio sputa‘. Citazioni, radio, autoradio, musicassette di plastica, diesel. Altra traccia che apre un vaso di Pandora sugli anni ’90 e sulle meteore dei Festivalbar. Anni con un perché.
“Casablanca” non è un disastro. Ma di cosa parla?
I testi non rapiscono, passano inosservati. Potrebbe avermi rivelato il finale della sesta stagione di “Game of Thrones” ma non me ne sarei accorto. Un peccato.
Buio con poche scintille…sì, ma quelle scintille… Insomma, i Casablanca hanno tecnica da vendere e un’ispirazione cristallina. Ma l’ispirazione di Casablanca va coltivata, o rischia di perdersi – come si sono persi quei maledetti primi anni ’90.