Blue Parrot Fishes – Dilanyopolih
È con un disco surreale come “Dilanyopolih” che i Blue Parrot Fishes mettono una pietra importante nel loro percorso di band italiana indie rock.
Reduce dalla vittoria del Rock Targato Italia edizione 2015, il gruppo vede insieme Francesco Marino (tastiera, alla voce e alla chitarra), Whammy Brigitta Gustava (come tuttofare), Gianni Capecchi (ancora a chitarra, voce, tastiera e basso) e Ravi Di Tuccio (batteria).
Il risultato è il “Fluvial Rock Fest”, nel panorama delle rovine di una vecchia fornace a La Rotta, un paese in provincia di Pisa.
Il grande riscontro seguito al Fest li ha portati alla registrazione del loro primo Ep, “Dilanyopolih“, nel quale il fatto che la band si proclami “sperimentale” è reso evidente nelle proprie ragioni ed intenzioni.
Esso non permette l’immobilità durante l’ascolto, tra le voci e i suoni distorti che confondono e al tempo stesso riescono a rallegrare, anche con temi particolari ma sempre leggeri.
Un po’ definibile come un disco di un altro mondo, l’Ep contiene cinque tracce.
‘Dylaniopolih’ è estremamente psichedelica e lascia bene sentire l’uso che viene fatto della tastiera, che viene poi accompagnata dagli altri strumenti in un tripudio di suoni molto variopinto. Il testo invece si ambienta a Topolinia, nella quale i “simpatici” personaggi che in essa si muovono diventano malvagi, quasi demoniaci.
‘L’inno della banana‘ è un brano possente quanto assurdo, nella difficoltà di calibrare le sensazioni che da essa derivano. Mette sicuramente il sorriso ascoltare una canzone nella quale un frutto si erge ad antieroe, in una distruttiva necessità di rivoluzionare sé stesso e la società. Un’altra traccia particolare ed interessante nella sua demenzialità è ‘Porcellini‘ che si apre con assolo per procedere poi verso un ritmo saltellante. I protagonisti sono una sorta di rivisitazione dei Tre Porcellini, fratelli tra loro diversi e, come gli altri personaggi popolanti questo disco, un po’ perversi. Si sente un po’ l’influenza di band spettacolari come i Beastie Boys, grazie ad un intermezzo quasi rap.
Si apre invece con dolcezza ‘Baby Lonya’, per poi riaccompagnarci verso un orizzonte più tetro, raccontando, su ritmi più serrati è sempre un po’ diversi, la storia di una città abitata da un contadino, Gelsomino.
Chiude ‘Scaiuolcher Symphony“, nella quale si possono leggere influenze di un po’ di heavy metal anni ’80, che muta anche in questo caso nella psichedelia e nell’imprevedibilità. Ed ecco tornare anche Paperino e Topolino nella versione malvagia, che si strappano in una continua lotta, lo scettro dell’Universo.