Alfio Antico – Antico
Alfio Antico è un tamburellista e percussionista di musica tradizional popolare di origine siciliana.
Ad oggi vanta collaborazioni su dischi dei più grandi artisti italiani, da Albertazzi a Bennato, passando per Carmen Consoli, Arbore, Dalla, De Andrè, Capossela e tanti altri.
Dal duemila ad oggi ha pubblicato quattro dischi personali e dall’8 gennaio è disponibile il suo ultimo lavoro, “Antico“.
Per partito preso non avrei mai recensito un disco di musica popolare ma dopo aver ascoltato Alfio Antico mi son dovuto ricredere.
Già, perchè “Antico” è un disco che si distacca in maniera forte dalle produzioni precedenti e comunque, più in generale, dalla musica popolare.
“Antico” è un disco il quale ovviamente mantiene intatta una matrice ben definita fatta di tammorre e voce ma elimina le ottantamila altre sonorità popolari a fronte di una massiccia presenza di sintetizzatori, chitarre distorte e strumenti moderni. Al contrario dei dischi di folklore e di musica popolare, “Antico” risulta essere un prodotto più ermetico e impenetrabile ai più.
Le undici tracce in esso contenute raccontano vite difficili, vissute in condizioni dure e pesanti.
Parlano di una civiltà rurale che se da un lato provava, dall’altra rendeva il contatto con la natura, un momento di vera riflessione emotiva e di presa di coscienza. “Antico” è infatti un disco suonato insieme alla natura: compaiono animali, suoni del vento e tante altre cose che possono solo far sognare chi dalla terra proviene.
Un disco che nasce dalla terra dunque, che emerge dall’umido del fango o dell’erba, dal caldo e dalla prosperosa fecondità della terra di Trinacria.
È sui monti di quest’isola infatti che Alfio Antico nasce e cresce sia come uomo sia come artista, arrivando poi al mondo della musica dopo essersi trasferito a Firenze.
Chi ama il folklore e la musica popolare in generale (siciliana nello specifico) apprezzerà questo disco anche se la sua vera natura (mi ripeto) rimarrà ermetica ai più. Dimenticatevi fisarmoniche, flauti, scacciapensieri e mille altri strumenti popolari: qui Alfio ha voluto sperimentare osando e tanto, non solo nelle musiche ma anche e sopratutto nei testi – che forti di una dialettica devastante come quella siciliana, rende a tutti gli effetti “Antico” un lavoro grezzo, sporco, sperimentale e magnifico.
‘Tra li muntagni’ è la prima traccia: raccontando la vita sulle montagne dell’entroterra siciliano, Alfio Antico mette subito in chiaro quanto questo lavoro sia intimo, personale e narrabile solo con la sua originale dialettica.
Lo scenario apocalittico disegnato con le tammorre e i sintetizzatori apre gli occhi su uno scenario freddo, scarno e spartano.
‘Storii di pisci’ continua sulla stessa falsa riga della prima track, anche se qui la presenza di chitarre distorte inizia ad essere molto più marcata.
‘Venditori ambulanti’, primo video estrapolato da “Antico“, induce a ripercorre le strade, le urla, le tecniche di vendita di quelle moltitudini di venditori ambulanti che un tempo giravano le campagne provando a vendere di tutto.
Dalle uova alle pelli, dalla frutta ai pomodori per la salsa: sento questo pezzo talmente vicino da farmi sorridere e arrossire ogni volta che lo ascolto.
‘Anima’, ‘Lu vermi’ e ‘Diceva me matri’ sono tre pezzi molto particolari.
Presentano una base molto spartana e ripetitiva, ma portano al loro interno una grande ricerca dell’interpretazione vocale.
Più che testi sembrano poesie e monologhi, raccontati e cantati con una voce ruvida, grezza e penetrante.
Chissà perché, ma lo studio vocale in ‘Anima’, le urla, i versi e i lamenti in essa contenuti mi hanno portato alla memoria quel bellissimo album sperimentale di Stratos, “Cantare la voce”.
“Antico” contiene anche bellissime ballate come ‘La rosa’, ‘Pirchì’ e ‘Indovinelli’, canzoni ben calibrate con chitarre acustiche mai eccessive e testi danzerecci che strizzano l’occhio alle più classiche tarantelle.
C’è in un brano che mi ha catturato e stregato dal primo ascolto e credo sia un pezzo che in assoluto rappresenta una summa espressiva rara e penetrante.
Le sue atmosfere rarefatte avvolgono l’ascoltatore e la sua poetica testuale ammanta così come le parole che compongono i racconti di un nonno, vicino al fuoco in una sera di inverno.
Struggente nel suo complesso, ‘Ninna nanna del caprone’ è un capolavoro che solo un Alfio Antico poteva donarci in un momento storico in cui masse di professionisti si accalcano nelle sale di incisione, tutti con nelle moderne bisacce le stesse soluzioni melodiche.
“Antico” visto nel suo complesso è un contenitore di ricordi, profumi e calore umano lontano.
Contiene pelli vive umane e pelli ovine morte, che in un modo o nell’altro suonano entrambe.
Contiene echi, latrati e sibili ma, sopratutto, contiene umiltà, passione e anche se non si vede i colori ed i volti di persone laboriose, devote al sacrificio per la terra.
Se pensate di avere tutte le carte in regola, se è dalla campagna e dalla terra che proviene il vostro essere, questo disco va ascoltato.