Stefania ?Alos Pedretti: in sospensione tra musica e performance
Durante il Festival di Santarcangelo nei Teatri, lo scorso luglio, ho avuto occasione di chiacchierare con Stefania ?Alos Pedretti che assieme a Markus Öhrn è l’ideatrice della performance “DAI delle AZDORE” (leggi il live report qui).
Markus Öhrn è un eccentrico artista svedese che ha voluto coinvolgere proprio Stefania in questo progetto affidandole la parte musicale e di training.
Inizialmente mi sarebbe piaciuto focalizzare l’intervista su questa performance, approfondendone le radici e la storia.
Poi ho pensato che Stefania ?Alos Pedretti è un’artista complessa e molto interessante e che milita nell’ambito musicale da anni.
È anche protagonista di numerose e variegate performances, e mi è sembrato più interessante cercare di spaziare in tutti i suoi mondi alla scoperta della sua personalità.
Il dialogo con Stefania è nato a luglio ma si è concluso solo qualche giorno fa, tra il racconto delle Azdore e l’imminente uscita del prossimo disco firmato OvO.
Partiamo dalle Azdore: cosa puoi dare tu in quanto musicista e performer ad un simile progetto?
Cosa ti arriva in cambio?
Sono stata invitata a collaborare a questo progetto proprio per il mio modo di approcciarmi al suono e al live.
Per le Azdore curo il suono durante i rituals suonando e facendo la fonia, e insegno alle signore che partecipano a suonare soprattutto la chitarra e ad usare la propria voce.
Il progetto mi ha dato e mi sta dando tantissimo, soprattutto a livello umano: ogni giorno imparo molte cose dalle donne che ne fanno parte.
Sono forti, hanno partecipato ad un progetto principalmente per mettersi in gioco e per divertirsi ma alla fine è il progetto stesso che in qualche modo le ha cambiate.
È stupendo il loro modo di viversi quest’esperienza.
Nell’immaginario collettivo le Azdore sono le madri e le nonne di famiglia.
Per intenderci, le donne che reggono i pilastri della casa tramandando le ricette e crescendo i figli.
In una società matriarcale sarebbero considerate in una posizione di rilievo, mentre la nostra società (patriarcale) tende a sminuire il loro ruolo.
Nel vostro progetto proponete un’immagine di queste donne completamente diversa: forte, potente, quasi strafottente.
È un modo per affermarne l’indipendenza?
Il tutto è nato dalla figura della nonna di Markus, nel periodo in cui purtroppo era malata. Mentre Markus la stava assistendo le chiese cosa avrebbe voluto fare di differente nella propria vita se avesse potuto rivivere di nuovo.
Lei rispose che le sarebbe piaciuto poter esprimere qualche volta anche la sua parte distruttiva, quella che per amore della famiglia ha sempre dovuto reprimere.
In una nuova vita avrebbe voluto sfogarla, esattamente come faceva Markus e con lui anche tutti gli uomini della loro famiglia.
Da questa intima confessione sono nate sia l’idea che il concetto base di Azdora: attraverso questi spettacoli Markus vuole mostrare un altro lato delle donne, soprattutto delle donne “mature”. Dentro tutte le persone c’è questa parte “distruttiva” che viene sempre repressa o non vista: le signore che hanno partecipato alla performance ne hanno preso coscienza e sanno che anche per moltissime altre donne è lo stesso.
Quando siamo andati a Wiesbaden proponendo questo stesso spettacolo, anche altre donne, le Azdore tedesche, hanno riconfermato questa necessità.
È per questo che nel video promozionale dello spettacolo le Azdore si accaniscono, ad esempio, con oggetti di uso domestico su una lavatrice?
Assolutamente sì.
Il video è stato preso dal primo ritual di “AZDORA”: era necessario distruggere un oggetto di uso comune, giornaliero e che fosse anche un po’ il simbolo della casalinga.
È stato un atto liberatorio, un forte punto di rottura.
DAI è il nome del nuovo Ritual.
Le Azdore usano tantissimo la parola “dai” per incitarsi o anche, in generale, nelle conversazioni.
Lo scorso anno Markus e Jacob sono venuti a chiedermi perché le signore continuassero a dire “die”, scambiandolo per il termine inglese che significa “muori”.
Ovviamente ho spiegato che in italiano quella parola aveva completamente un altro significato, usata più per incitarsi che altro.
Trovarono l’equivoco molto divertente, così si è iniziato ad usare la parola “DAI” che dà li il titolo all’album ed alla performance.
Cosa ci si deve aspettare da una performance delle Azdore?
Stupore e tanto caos, un rituale catartico e apocalittico.
La vostra collaborazione continuerà in un futuro prossimo?
Avete altri progetti da realizzare insieme?
Certamente.
Il 26 novembre AZDORA terrà il suo primo concerto in un festival internazionale di musica, il Transmissions Festival di Ravenna: per questa occasione stiamo preparando un nuovo concerto durante il quale suonerò anch’io come special guest con il mio solo ?Alos.
Passa il tempo, e Stefania lavora ancora con Bruno Dorella.
Cominciano ad uscrire nei social le voci di un prossimo lavoro da parte del duo, e l’occasione è quella per approfondire nuovamente un altro lato di Stefania.
Il 9 dicembre uscirà “Creatura”, nuovo lavoro a firma OvO.
Avete scelto come label la fiorentina Dio Drone: come mai la scelta di uscire con una giovane etichetta indipendente?
Non posso svelare ancora molto sul disco, ma posso anticipare che il nuovo album segue ed espande le orme già tracciate da “Abisso”.
In “Creatura” Bruno ha intensificato l’apporto dell’elettronica nel suo set mentre io ho cercato di rendere ancora più bestiale la mia voce, abbinandola ad un suono di chitarra heavy ma talvolta anche poetico e sognante.
Abbiamo deciso di registrare questo disco con Lorenzo Stecconi (Lento) all’Ardis Hall, spazio teatrale della compagnia Fanny&Alexander e lo abbiamo fatto mixare dalle magiche mani di Giulio Favero: due sensibilità e modi di lavorare la musica diversi, che insieme hanno fatto risaltare alla perfezione sia il lato metal che quello elettronico del disco.
La scelta di farlo uscire per Dio Drone è una scommessa.
Pensiamo che questa giovane etichetta con le sue scelte rappresenti al meglio la nuova scena D.I.Y. di alcuni tipi di musica, sicuramente più affini a noi.
Dal canto nostro siamo molto contenti di contribuire alla sua crescita.
Anche l’artework del disco è molto particolare.
Come tutti i dischi OvO le grafiche partono da dei miei disegni e visioni.
Per questo album ho immaginato un essere che fosse sia mostruoso che affascinante, alato perchè uscito dall’Abisso.
La bozza è poi passata nelle magiche mani di Coito Negato aka Stefano Matteoli, illustratore toscano e stretto collaboratore dell’etichetta, che ha tradotto meravigliosamente il mio immaginario ricreando questa figura alata racchiusa in un tarocco.
Dopo l’uscita del disco ripartirete con un tour?
Il tour inizierà il 9 dicembre e per tutto il mese fino a gennaio saremo in Italia.
Da febbraio 2017 invece in Europa mentre stiamo già ragionando se tornare in Asia e negli U.S.A.
Quest’estate sei stata con gli OvO in tour in Cina e Vietnam.
Il tour ed il viaggio a Shenzhen e ad Hanoi sono stati incredibili.
Erano anni che speravo di andare a suonare in Asia: finalmente è accaduto e sinceramente spero ricapiti prestissimo.
Quello che trasuda durante i concerti in quei paesi è il desiderio da parte del pubblico di scoprire, sentire e conoscere qualcosa di nuovo.
Questi sono sentimenti che ora stanno mancando in Occidente e che stanno rendendo sterile il mondo musicale ed artistico.
Una ricordo divertente della Cina?
Quando abbiamo trovato davanti al banchetto del merchandising un’area delimitata da transenne per la fila per l’autografo, che in pochi minuti si è riempita di fan esageratamente reverenziali.
È stato molto divertente.
In Vietnam invece ricordo l’headbanging collettivo della prima fila: fantastico.
Oltre agli OvO hai anche un progetto solista che ti vede ricoprire il ruolo di Signorina ?Alos.
?Alos è nato nel 2003 per poter espandere ed intersecare la mia passione musicale a quella artistica/performativa.
?Alos è il mio territorio di liberazione attraverso il quale esploro il contemporaneo con meno filtri possibili: negli anni ho approfondito e consolidato l’aspetto politico e di critica sociale utilizzando i miei concerti e le performance come mezzo per trattare argomenti a volte spinosi. Penso al femminismo, il queer, il gender o il sadomaso.
Vuoi parlarci dunque del “sado menu”?
Il “sado menu” è nato nel 2013 come performance speciale al Degender fest, un festival che curo insieme a Francesca Morello e Simona dell’Aquila e che si svolge a Rimini.
È una performance che vuole introdurre le persone al sadomaso e a determinati giochi erotici in maniera divertente.
Le parole chiave di questa performance sono ‘vegan’, ‘rispetto’, ‘consenso’ e ‘safe space’.
La performance consiste nella scelta da parte del partecipante di un menù, esattamente come se fosse al ristorante, utilizzando e trasformando l’uso di alcune verdure tipiche di alcuni piatti stagionali in “strumenti erotici”.
Porri e sedani diventano, ad esempio, perfette fruste; i carciofi possono essere pungenti come spilli.
Alla fine lo spettatore che vuole “giocare” con me sceglie semplicemente che piatto gustarsi.
Il Degender Fest nello specifico in cosa consiste?
Il Degender Fest è un festival a tematica queer che giunge quest’anno alla sua quinta edizione. Ha un programma ricchissimo ma concentrato in un giorno solo: proponiamo workshops, mostre, installazioni, persentazioni di libri, performances, concerti, proiezioni di film pornofemministi, dj sets.
Un’immersione ed esplorazione del mondo queer.
Azodore, OvO, Signorina ?Alos, performance e festival: trovi mai il tenpo di riposare?
Sono in un periodo veramente ricco e dinamico della mia vita e ne sono felicissima.
In questi giorno sto realizzando concretamente quanto sono indaffarata e penso di dovermi organizzare per incastrare i vari impegni.
Fortunatamente continuano ad arrivare nuove ed interessanti proposte che io sono solo contenta di accettare e vivere.
L’ultima novità è che insieme a Francesca Morello sono stata invitata dalla nuova curatrice Eva Nyklyaeva e dalla sua co-curatrice Lisa Gilardino a collaborare alla creazione del programma musicale della prossima edizione del festival Santarcangelo dei Teatri.
Un onore immenso ed un’avventura nuova che accolgo a braccia aperte.