Primo Maggio Roma 2016: tre domande ai Thegiornalisti
Agli artisti incontrati nel backstage del Concertone di Piazza San Giovanni a Roma abbiamo posto le stesse domande: una scelta motivata dalla voglia di conoscere i diversi punti di vista sui temi del lavoro, l’Italia di oggi e i giovani che sognano una carriera in campo artistico.
I Thegiornalisti sono coloro che sul palco del Primo Maggio di Roma 2016 non ti aspetti.
Band capitolina, attiva dal 2009, con solo tre dischi alle spalle Tommaso Paradiso e soci hanno saputo ritagliarsi in fretta un angolo di punta nel panorama indie, passando di fatto da gruppetto di nicchia a band di richiamo nazionale.
Un cambio di stile rispetto ai suoni delle origini è arrivato a fine 2013, quando dalle autoproduzioni passano ad un vero contratto (Foolica) e fanno uscire “Fuoricampo”, disco prodotto da Matteo Cantaluppi .
Forte di un ottimo successo di critica e di pubblico, i Thegiornalisti iniziano un percorso che li vedrà anche ospiti a “#Staiserena”, il programma di Serena Dandini su Radio2, a “Quelli che il calcio” da Nicola Savino su RAI2, a “Webnotte” su RepubblicaTV con Antonello Venditti e su tante altre emittenti radiotelevisive.
Prima del live abbiamo incontrato proprio Tommaso Paradiso nel backstage e questa è la chiacchierata emersa che ci siamo fatti.
Che valore ha, oggi, la festa del Primo Maggio?
Non sono un grande frequentatore delle feste in generale, non festeggio nemmeno il mio compleanno perché non mi ricordo quando cade, come mi succede anche per le feste comandate. Ma questa del Primo Maggio è una festa che va ricordata oltre ad essere un momento che deve essere ricordato.
Su questo tipo di dinamiche bisogna essere tutti presenti all’appello, soprattutto in questo momento, ma anche qualora dovesse mai tornare un periodo di benessere.
Bisogna ricordare sempre che il lavoro è forse l’unica cosa che conta, insieme all’amore. E magari le due cose sono anche molto legate.
Come dovrebbero reagire i giovani d’oggi in una situazione di precarietà in cui lo Stato, per primo, non li tutela nel lavoro?
È una domanda complicata, perché da una parte c’è la volontà del singolo e dall’altra il fatto che essa debba penetrare ed essere accolta dalla collettività.
È un cane che si morde la coda.
Da una parte i ragazzi devono prepararsi ad un futuro veramente ostico e dall’altra le Istituzioni, l’Università, la Politica, la Scuola dovrebbero avvantaggiare il più possibile le persone che hanno lavorato duramente tutta la vita.
Altrimenti, ad emergere è la depressione e la voglia di reagire viene a mancare del tutto.
Un pensiero per gli artisti emergenti: come cercare di creare una propria identità e distinguersi dalla massa?
Noi lo abbiamo fatto con canzoni a presa popolare, che hanno fatto facilmente breccia fra le persone: non scriviamo cose molto complicate e soprattutto i giovani, quelli che vanno dai 20 ai 35 anni, si sono ritrovati facilmente nei nostri testi e nelle nostre frasi, nelle nostre melodie.
Ci siamo aiutati molto con i social network ma da questi stiamo riuscendo ad arrivare a grandi palchi come quello del Primo Maggio, a passare anche su network radiofonici più grossi di quelli indipendenti e ad essere ospitati persino in Tv.
Agli emergenti consiglio di fare le cose nel modo più semplice possibile: la musica è bellissima e ognuno dovrebbe fare ciò che vuole ma se l’ambizione è quella di una platea molto ampia, cercate la semplicità.