Primo Maggio Roma 2016: tre domande a Bugo
Agli artisti incontrati nel backstage del Concertone di Piazza San Giovanni a Roma abbiamo posto le stesse domande: una scelta motivata dalla voglia di conoscere i diversi punti di vista sui temi del lavoro, l’Italia di oggi e i giovani che sognano una carriera in campo artistico.
Bugo (al secolo Cristian Bugatti) viene annunciato sul palco del Primo Maggio di Roma 2016 da LaMaru con il neologismo coniato appositamente per lui dai critici musicali agli esordi della sua carriera: il “fantautore”.
Si presenta al pubblico pomeridiano cantando ‘Me la godo‘ e ‘Nel giro giusto‘, entrambi manifesto del pensiero di questo musicista così istrionico e accattivante.
Il primo è un pezzo tratto dal suo ultimo lavoro discografico, “Nessuna scala da salire”, uscito il 22 aprile per la Carosello Records mentre il secondo è uno dei brani più noti della sua discografia, se non quello che lo ha consacrato al pubblico mainstream nell’ormai lontano 2008 (album “Contatti”).
Tanta strada è stata percorsa in questi anni da colui che, a tutti gli effetti, è da considerare come un artista a tutto tondo, e nonostante siano molti gli eventi che lo hanno visto protagonista non solo in campo musicale ma anche nel settore della arti visive, c’è un filo coerente che lega ogni sua attività: la provocazione intelligente e contro tendenza, caratteristiche che lo portano ad essere osannato dal pubblico e bacchettato (spesso) dalla critica, proprio in virtù della libertà di espressione che lo contraddistingue.
Prima del live lo abbiamo incontrato nel backstage del Concertone e gli abbiamo posto le nostre domande in merito alla situazione lavorativa in Italia.
Che valore ha, oggi, la festa del Primo Maggio?
Il valore della festa del Primo Maggio è sia individuale che collettivo.
Individuale perché ognuno di noi deve credere che lavorare ci forma come identità: siamo tutti diversi ma ognuno ha i propri stimoli e le proprie ispirazioni.
Comune perché la società si fonda su una forza propositiva dettata dal fatto che “ti alzi la mattina e fai la tua Cosa”, e questo è il lavoro.
E sembrano tutte cose dette e ridette ma in realtà sono vere e non bisogna mai smettere di dirle.
Come dovrebbero reagire i giovani d’oggi in una situazione di precarietà in cui lo Stato, per primo, non li tutela nel lavoro?
Secondo me, prima di tutto, a livello personale ed emotivo senza mai smettere di sperare né di sognare: bisogna lavorare sulla speranza.
In secondo luogo bisogna proporsi, essere un po’ imperiosi e non smettere di lottare.
È chiaro che le cose son difficili: io da cantante posso solo dare la carica ai ragazzi, ai quali direi «non smettete di lottare mai».
Un pensiero per gli artisti emergenti: come cercare di creare una propria identità e distinguersi dalla massa?
L’emergente deve trovare il proprio modo per suonare, cantare ed esprimersi senza alcuna paura.
È ovvio che il percorso è lungo e che abbiamo tutti dei miti che rimangono per noi fonte di ispirazione, ma è dentro di noi che dobbiamo trovare la voce e l’ispirazione: è molto difficile, per questo ci vuole fatica, tempo ed introspezione.
Ph. © Andrea Fiaschetti