Nicola Barghi: un’evoluzione naturale nell’universo della musica
L’importanza delle opening band non è mai da sottovalutare.
L’ho compreso una volta in più quando nel 2013 conobbi Nicola Barghi e la sua band.
Toscanissimi, furono chiamati ad esibirsi in apertura all’unica tappa italiana dei Palma Violtes, formazione inglese di stampo indie rock: quella sera non mi colpirono particolarmente i britannici mentre trovai interessanti , a sorpresa, i ragazzi che si erano esibiti prima di loro.
Chiacchierando con Nicola, parlando del suo progetto e seguendolo in questi anni si è scoperchiato un vaso di Pandora che non mi sarei mai aspettata.
Barghi non è solo musicista con la propria band nel suo progetto omonimo: da amante dei Beatles ha anche un gruppo tribute chiamato NoOne Band ed ogni giorno si occupa di musica attraverso le attività del suo studio di registrazione, l’Elfland Studio.
Quanto può essere difficile oggi riuscire a vivere di sola musica a 360°?
La domanda può sembrare scontata vista la situazione discografica attuale, ma la risposta potrebbe essere uno stimolo, una spinta ed un incoraggiamento verso tutti coloro che a volte si fanno prendere dallo sconforto.
Una delle caratteristiche di Nicola Barghi, in effetti, è che con gli anni e la conoscenza personale si è sempre mostrato con un atteggiamento positivo e costruttivo.
Oltre ad una sana dose di talento e dedizione, a mio avviso parte del segreto per riuscire in tutte le attività che segue potrebbe essere anche questo: un sorriso.
Da compositore a proprietario di uno studio di registrazione: un percorso logico o una grande passione che sfocia, naturalmente, in entrambe le attività?
Non so se sia un percorso logico oppure no, per me è stata un’evoluzione quasi naturale. Era da tempo che avevo intenzione di farlo. Ho iniziato a scrivere e registrare fin da subito le mie canzoni (che inizialmente erano strumentali) nel piccolo studio che i miei genitori mi regalarono con molti sacrifici. Era piccolo ma aveva tutto l’occorrente per sperimentare.
In poche parole ho sempre avuto queste due facce.
La tua discografia e molto corposa e non sono mai mancati i riscontri positivi ed i riconoscimenti al tuo lavoro. Di recente alcuni tuoi brani sono anche stati scelti come jingle per delle pubblicità: come ci si sente ad essere apprezzati a tutto tondo?
Ci si sente bene.
Per me è stata l’apertura di un mondo ed è gratificante sapere che un proprio brano è stato scelto per rappresentare una grande azienda come l’Ariete o la Findomestic ma anche piccole realtà familiari ma con grandi obiettivi come la TC LAB, un’azienda di abbigliamento toscana (anzi toscanissima, di Terricciola -Pisa) che lavora il cashmere ispirandosi alla moda inglese… ecco, sapere che loro hanno scelto una tua canzone per il proprio progetto… beh fa stare bene e fa capire che stai facendo cose belle e che devi continuare su quella strada.
La musica è un universo così grande che ci si può davvero perdere.
Negli ultimi anni il settore della musica indipendente in Italia è sotto stretta osservazione: da un lato molti personaggi salgono alla ribalta (spesso grazie ad ottime operazioni di marketing) sacrificando, a detta di molti, la tanto ambita qualità ed originalità.
Cosa sta succedendo a tuo avviso in questo settore?
Penso che ci sia una specie di grande ingorgo: da una parte le grandi etichette hanno bisogno di fatturare e continuano a spingere nomi conosciuti (appunto, con grandi operazioni di marketing) per avere una sicurezza di vendita ma che poi non vendono così tanto.
Allora fanno fare comparsate in tv, ed ecco il rimpasto di personaggi spariti da decenni e quasi dimenticati mentre dall’altra parte ci sono gli emergenti che scalpitano e sgomitano per trovare spazio ma trovano solo un grande ingorgo con così tanto caos che non si capisce più nulla.
Si ascolta troppo e si critica troppo usando fattori e valutazioni vecchi oppure troppo astrusi.
Dico questo da musicista, ma poi come studio discografico dico anche che abbiamo una nuova generazione di musicisti /artisti/band di tutto rispetto, con l’approccio giusto alla musica, con umiltà ma con decisione e fermezza…e gusto.
Non posso che ben sperare.
Come è nata l’idea di aprire lo studio discografico?
L’idea si è concretizzata nel 2012 quando feci da road manager per il tour europeo di Tao Love Bus. Oltre ad essere stata una bellissima esperienza mi ha permesso di mettermi in gioco e capire se ero in grado di fare un passo indietro, di non essere più in primo piano come artista ma di aiutare un mio “collega” (termine orrendo).
È stata quasi una rivelazione per me, non ero sicuro di riuscirci, ma mi è piaciuto, molto.
Rientrato dal tour mi sono messo all’opera ed realmente pensato di aprire uno studio.
Agli artisti emergenti che cercando uno studio di registrazione, che consigli ti senti di dare in merito alla scelta proprio dello studio?
Se fossi una band emergente in cerca di uno studio vorrei qualcosa che mi faccia sentire a proprio agio, rilassato, con qualcuno con esperienza che mi possa dare consigli al momento giusto ma che non sia invasivo… e che non stia a controllare l’orologio ogni istante.
Questo è quello che vorrei e quello che cerco di dare con l’Elfland Studio.
Non mi sono mai piaciuti i tecnici del suono o i produttori saccenti che sanno loro come si scrive una canzone o come si suona uno strumento, quello che importa non è come ci arrivi ma il risultato finale, il “tutto”, l’armonia e l’atmosfera, il resto sono solo paturnie che ci vendono.