MS & Elvina Pinto: un’intimità internazionale
Quello di MS & Elvina Pinto è un duo con una grande storia alle spalle.
Una storia fatta per lo più di casualità, come il loro primo incontro durante un festival indipendente organizzato dalla BVRecords – la stessa etichetta che ha prodotto il loro album.
Matteo Santarelli (MS) ha origini italiane.
Nato e cresciuto in una delle regioni più invidiate del nostro paese (l’Umbria), compone musiche alle quali affianca un timbro vocale molto profondo.
Elvina Pinto ha origini arabe.
È nata nel Quatar, a Doha, capitale il cui nome si traduce con “il grande albero”, ma è cresciuta in Germania. Suona l’autoharp e canta con una delicatezza intima e sensazionale.
C’è un grande respiro internazionale nella loro unione, ed è così che dal rapporto artistico instaurato nasce “The Well”, un Ep di sei brani che colpisce per intensità e varietà di stili.
Le vostre radici sono in Germania ed in Italia.
Tra la grande città (Berlino) e la serenità interiore di un paesaggio mozzafiato (Umbria), qual è il passato di MS e di Elvina Pinto?
MS: Tempo fa ho visto un film che si chiama “Il passato è una terra straniera”.
Un film non gradevole, che non consiglierei, però con un bel titolo.
Il nostro passato è in effetti una terra straniera: Berlino, Sterpete, Doha, Montreal, Parigi, Campobasso, le Pre Serre, Firenze.
Tutti questi luoghi in un certo modo rivivono nelle nostre canzoni.
Da qui la scelta di cantare in lingue diverse.
Abbiamo in cantiere un brano in tedesco, ‘Verbotene Liebe‘, “amore proibito”, ispirato ad una telenovela tedesca di dubbio gusto.
La vostra conoscenza è avvenuta a Mostar, in Bosnia, città che negli anni Novanta durante la guerra è stata lungamente e duramente colpita dai conflitti. Che apporto vi ha dato questa città a livello personale?
MS: Mostar è la città in cui tutti i nonni europei dovrebbero portare i loro nipoti. Il fatto che in alcune delle nostre terre non ci si uccida più è qualcosa che spesso diamo per scontato. Da questo deriva il fascismo a parole che va tanto in voga nei giorni nostri. Speriamo rimanga solo a parole.
Come è nata l’idea di collaborare insieme?
MS: Semplice: abbiamo scoperto di avere gusti musicali affini, o quantomeno complementari.
Da qui l’idea di registrare un cd insieme.
Ci piaceva l’idea di fare un disco di canzoni, con degli arrangiamenti curati ma minimali.
Oltre alle nostre tre composizioni abbiamo avuto la fortuna di poter interpretare due brani inediti a cura di Espada de Drago e Barry Says Hi, nostri compagni di etichetta presso la BVR Records.
Nei nostri concerti ci piace inoltre reinterpretare alcuni classici della storia della canzone che ci piacciono molto.
Nel nostro Ep e nei nostri concerti trovate la musica che ci piace ascoltare.
Quali influenze si incontrano nella vostra musica?
E.P.: Varie.
Dal jazz al country, le colonne sonore dei vecchi film, la bossa nova.
Personalmente, i miei artisti preferiti sono Chet Baker, Johnny Cash, Willie Nelson, Patsy Cline.
Parliamo di “The Well”, un disco di 6 tracce che mescola diversi stili.
Un aggettivo per descriverlo?
MS: Una domanda molto complessa. Forse l’unico aggettivo che mi viene in mente è “asburgico”, nel senso che si tratta di un Ep malinconico, sobrio, un po’ nostalgico.
Comunque scettico nei confronti di alcune tendenze della musica e della società di oggi.
Se possiamo citare una felice espressione del vescovo della città di Foligno, «è un disco pervaso da una “serena amarezza”».
Il brano al quale siete più legati?
E.P.: ‘The Bluebird‘, un pezzo composto per il nostro cd da Barry says Hi.
MS: ‘Six Years Ago‘, il primo brano del cd che abbiamo cantato insieme di persona.